giovedì 4 novembre 2010

La teoria delle stringhe: croce dei fisici sperimentali e delizia dei matematici puri

Fra i tanti libri e articoli sulla teoria delle stringhe, sceglia­mo, per una breve sintesi critica, l'articolo di Peter Woit pubblica­to su "Le Scienze" (giugno 2007). Il titolo dell'articolo pone una domanda precisa: "La teoria delle stringhe è scienza?" Ma poi l'auto­re introduce un elemento di confusione, scindendo la domanda in due parti: "La questione tende ad assumere due diversi risvolti: il primo è se la teoria delle superstringhe non debba forse essere considerata matematica piuttosto che fisica; il secondo, più drastico, pone il problema se la teoria sia realmente scienza".

Non si tratta di due risvolti di un'unica questione, ma di due di­verse questioni tra loro collegate: la prima è se la teoria (matemati­ca) possa essere realmente scienza, la seconda è se la teoria delle stringhe sia solo una teoria matematica senza alcun corrispettivo con la realtà fisica. Rispetto alla prima domanda, abbiamo già chiarito che la matematica può essere solo scienza delle grandezze, un ausilio alla reale teoria scientifica; perciò, da quando la teoria matematica pura è stata concepita come unica forma di teoria (avanzata) in fisi­ca, questa disciplina è diventata una scienza puramente convenzionale e fittizia. Rispetto alla seconda domanda, la risposta è semplicissi­ma: in fisica ormai l'unica teoria ammissibile deve scaturire da un modello fondato sulla matematica pura, senza alcun corrispettivo con realtà, anche perché si pretende indagare ciò che si dovrebbe trovare ai limiti della realtà, in "regioni" dove non arriva né la sperimentazione né l'osservazione.

Ora è  ovvio che i matematici puri rispondano "certo che no!" alla domanda "se la teoria delle stringhe possa considerarsi matematica". Anche la relatività generale non sarà mai considerata matematica dai matematici puri, perché è soltanto l'applicazione di un prodotto del­la matematica pura: sta di fatto che, proprio in quanto si fonda sulla geometria di Riemann, essa è una teoria fisica puramente convenzionale e fittizia. Woit scrive: "Il problema è che la teoria delle superstringhe non è realmente una teoria, ma un insieme di speranze che esista una teoria". E "Per un matematico, un insieme di speranze che esista una teoria (speranze che semplicemente esulano dalle mo­tivazioni fisiche) senza dubbio non è matematica". "D'altro canto, mol­ti fisici che non si occupano della teoria delle stringhe spesso la definiscono matematica".

Ora, è mai possibile risolvere una questione del genere, ascoltando i pareri dei diretti interessati? Chi sono, in­fatti, quelli che danno queste risposte alla domanda di Woit? "La teo­ria delle superstringhe è in gran parte ritenuta matematica dai fisi­ci tradizionali, e fisica dai matematici tradizionali…". Ma entrambi questi specialisti sono troppo interessati alla difesa dei propri prin­cipi teorici per giudicare obiettivamente. Ad esempio un fisico rela­tivista sa bene che la teoria delle stringhe, se approvata, manderebbe a gambe all'aria la relatività generale di Einstein.

Del resto, il dubbio espresso nella domanda di Woit implicitamente danneggia tutta la matematica fisica, da quella relativistica a quella quantistica, ecc., perché mette in forse anche la scientificità delle teorie da tempo approvate dalla comunità scientifica. Si tratta cioè di un intervento "impertinente" sulle contraddizioni mai comprese tra la formulazione di modelli matematici astratti e la pretesa di una qualche verifica sperimentale. Nel caso delle stringhe, in particolar modo, manca qualsiasi asserzione che possa trovare una corrispondenza anche fittizia con l'osservazione empirica.

Ma anche questo aspetto è solo un platonico formalismo, sul quale la matematica fisica può mettere facilmente una pietra sopra. Così Woit si può permette di svelare l'ambigua metodologia che caratterizza il rapporto tra teorie matematiche-fisiche e la verifica sperimentale: "Data una qualsiasi struttura teorica, si può quasi sempre trovare il modo di farle corrispondere un risultato sperimentale, a patto di am­mettere l'uso di modelli arbitrariamente complicati all'interno di ta­le struttura … Se si permettono costruzioni estremamente complesse e barocche, si può ottenere in quasi tutti i casi un risultato speri­mentale in accordo con la teoria". In parole povere, data una teoria convenzionale, la si può aggiustare in modo tale da trovare il risulta­to sperimentale che meglio le si adatta. 

Così fan tutti, perché il tipo di speculazione utilizzato dai matematici-fisici è il seguente: "Molta attività teorica degli scienzia­ti è speculativa, nel senso che consiste nel porsi domande del tipo: "Se assumessi che x fosse vero, potrei costruire una teoria basta su tale assunzione?" Questo è proprio il genere di cose in cui gli scien­ziati spendono molto del loro tempo, e immagino che non lo si voglia catalogare come "non scientifico". La teoria delle superstringhe è un tentativo speculativo di questo tipo. I teorici che lavorano in que­st’area prendono in considerazione un'assunzione decisamente specula­tiva, secondo la quale si dovrebbe sostituire la nozione di particel­la elementare con quella delle stringhe o di oggetti più esotici, e cercare di vedere se su questa asserzione è possibile costruire una teoria scientifica in grado di fare previsioni falsificabili".

Ma se si accetta come presupposto che questo metodo speculativo non può essere definito "non scientifico", come distinguere ciò che è scienza da ciò che non lo è? Come evitare le speculazioni non scien­tifiche? E su quale base Woit può permettersi di criticare la teoria delle superstringhe? A questo punto non si sa più a che santo appel­larsi. O meglio qualcuno rimane, la cui concezione calza a pennello per una scienza che non è in grado di fare predizioni verificabili sperimentalmente. Si tratta di Popper, la cui concezione delle pre­dizioni falsificabili, come abbiamo dimostrato in altro luogo, è l'implicita ammissione che tutte le teorie sono falsificabili in quanto sono false, anche se devono sottostare a quella conferma spe­rimentale che, per ammissione di Woit, è aggiustabile ad hoc.

Insomma, tutto sembra congiurare per favorire qualsiasi speculazio­ne, anche la più assurda. La conseguenza è che i fisici, tra di loro, manifestano molto scetticismo riguardo alla validità delle teorie da loro prodotte. Lo conferma la storiella, fatta girare in diverse ver­sioni, del mondo sostenuto dalla schiena di una tartaruga gigante. Alla domanda su che cosa reggerebbe la tartaruga, la risposta è: un'altra tartaruga, e via di seguito, fino alla battuta finale: sotto sotto ci sono sempre le tartarughe. Un'altra versione è quella del mondo che poggia su una piattaforma sostenuta dalla schiena di un elefante, a sua volta sostenuto dalla schiena di una tartaruga gigante. E anche qui la battuta finale è: sotto sotto ci sono sempre le tartarughe.

La storiella della tartaruga altro non rappresenta che la metafora dei mo­delli dalla matematica pura, che stanno sotto a ogni teoria fisica. Così la relatività generale ha avuto il suo piedistallo nella mate­matica di Riemann, Il "modello standard" della fisica quantistica ha avuto il suo piedistallo nella matematica dei gruppi, ecc. E que­sta prassi è talmente connaturata alla fisica contemporanea che Woit si può permettere anche il seguente paradosso: "Se annunciassi che sto analizzando la prospettiva di una teoria unificata elaborata sull'assunzione che il mondo sia costituito da tartarughe estremamente piccole, e che da questa assunzione spero di derivare il modello standard e calcolarne i parametri indeterminati, molte persone direbbero che sicuramente non sto facendo "scienza". D'altro canto, se dopo pochi mesi di lavoro fossi in grado di deri­vare i parametri del modello standard dall'assunzione delle tarta­rughe, allora la gente dovrebbe cambiare opinione e ammettere che in realtà ho fatto scienza".

Insomma, la matematica pura è un regno a sé, estraniato completamente dalla teoria della conoscenza, un pae­se delle fiabe dove può capitare di tutto. Stando così le cose, i fisici grazie alla matematica pura, hanno perduto ogni fondamento per stabilire ciò che è scientifico da ciò che non lo è. Allora che cosa rimane loro? Solo il consensus omnium della loro comunità. Ma, come abbiamo già osservato, troppi sono i partecipanti per poter ottenere, tra "amicizie, ossessioni e tradimenti" (“L’impero delle stelle” Arthur I. Miller), l'approvazione generale dei loro modelli. Così ci si ac­contenta di una mezza approvazione, di un mezzo consenso che si ma­nifesta nella reciproca concessione di "fare scienza". "D'altro canto, scrive Woit, se una grossa parte della comunità scientifica non considera un'idea speculativa irrazionale, allora si deve ritenere che coloro che perseguono tale speculazione stiano fa­cendo della scienza". Così "La speculazione conosciuta con il nome di teoria delle superstringhe continua a essere qualificata come scienza secondo questo criterio, dal momento che una grossa fetta di teorici la considera un'asserzione ragionevole su cui lavorare. Il motivo per considerarla tale è soprattutto sociale (!), e poggia le sue basi nel giudizio condiviso da molti fisici, ma non da tutti".

Ora, cambiamo il soggetto di questa frase, sostituendo le stringhe con la relatività generale, con la cromodinamica quantistica, ecc. e il discorso non cambia. Allora, perché tante storie per queste su­per stringhe? Poiché "così fan tutti", perché qualcuno mette in di­scussione la metodologia di questo nuovo modello matematico-fisico? La ragione si trova in un comportamento che minaccia indiretta­mente il prestigio scientifico della fisica: i teorici delle super­stringhe sono così sfacciati da farsi passare per sacerdoti di un nuovo culto, rischiando di smascherare l'intera pseudo scienza fi­sica con tutto il suo misticismo matematico. Woit cita un teorico della facoltà di Harvard che concludeva così tutti i suoi messaggi di posta elettronica: "La teoria delle super­stringhe/teoria-M è il linguaggio in cui Dio ha scritto il mondo". Anche un altro teorico delle stringhe, Michio Kaku, ha detto in una intervista radiofonica:"La mente di Dio è musica che risuona attra­verso iperspazi di 11 dimensioni". Con la teoria-M, il misticismo ma­tematico in fisica ha rotto gli argini e si è rivelato senza pudore, co­sì Woit osserva accorato: "Per la prima volta è possibile individuare come la nostra nobile ricerca possa giungere alla fine, e come ancora una volta la fede possa rimpiazzare la scienza".

Abbiamo più volte ricordato che le scienze della natura, e in par­ticolare la fisica, non sono mai riuscite a tagliare il cordone ombe­licale che le lega fin dalle origini alla madre teologica, proprio perché non hanno accettato la conoscenza della realtà, accontentando­si dell'utile convenzione, delle ipotesi fittizie. Comunque, riguardo alla fisica, la vecchia storia della ricerca dei costituenti ultimi doveva pur avere una fine, e la fine più adatta a una scienza fittizia come la fisica contemporanea è proprio la teoria-M.

Woit, invece, termina il suo articolo prendendo le distanze da com­mistioni con la religione e affermando la pretesa illusoria di salva­guardare la fisica. Ma come illudersi, quando fornisce argomenti che lo smentiscono completamente? Persino nelle battute finali egli dice: "Come abbiamo visto, non esiste un modo chiaro per separare nettamente ciò che è scienza da ciò che non lo è sulla base di questioni pretta­mente umane (!), relativamente a quello che la gente sceglie (!) di credere (!) e perché. La scienza, seguendo questo metodo (sic!), non ha alcuna garanzia di immunità nei confronti di pericoli generati dai comportamenti di natura religiosa di cui gli esseri umani possono es­sere preda". Ma questi esseri umani sono proprio quegli stessi scienziati che preferiscono "credere", che preferiscono il misticismo matematico, mol­to vicino alla "natura religiosa". Perciò, come può Woit concludere: "Stringenti norme di razionalità (!) sono necessarie e devono conti­nuamente essere fatte rispettare per assicurare che la scienza con­tinui a meritare questo nome"?

La fisica teorica, dal '900 ad oggi, non ha mai meritato il nome di scienza. E oggi che la cosa si evidenzia nelle intemperanze della più assurda fra tutte le teorie prodotte in questa disciplina, è inutile correre ai ripari senza cambiare atteggiamento nei confronti dell'attività speculativa puramente matematica, unica responsabile della non scien­tificità della fisica stessa. Ormai la fisica ha un solo ultimo tratto di strada da percorre, senza alternativa: portare a termine il suo compito secolare con una teoria talmente assurda da svelare finalmen­te la propria natura non scientifica.

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Scritto nel 2010

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