mercoledì 30 giugno 2010

La legge biologica della evoluzione dispendiosa

Il concetto di evoluzione ci permette di riflettere il movimento della materia organica, praticamente ad ogni livello: da quello dei genomi a quello delle cellule, degli organi, degli organismi, delle specie, ecc.; e, sebbene l'evoluzione ad ogni livello abbia i suoi tempi specifici, occorre aver chiaro che non si può comprendere pienamente l'evoluzione delle specie se non si è compresa l'evoluzione dei genomi, delle cellule, degli organi degli organismi che appartengono alle specie stesse. Così, quando si tenta di spiegare l'esplosione evolutiva del Cambriano, la prima cosa da considerare è l' "esplosione evolutiva" della cellula eucariotica. E’ il salto evolutivo dalla cellula procariotica alla cellula eucariotica che ha permesso l'origine e l'evoluzione delle specie. E il primo contrassegno che dobbiamo sottolineare di questa evoluzione è il numero incredibilmente elevato di specie diverse il cui esito è stato l'estinzione.

La storia delle teorie dell'evoluzione, come ogni storia delle diverse concezioni del pensiero, è sterminata: ma non c'è una sola teoria dell'evoluzione che consideri il dispendio delle specie (e degli organismi di ogni specie) come il contrassegno principale, la chiave, per comprendere l'evoluzione della materia organica. Questo aspetto, in genere, è stato e continua ad essere sottovalutato o considerato come un dato di fatto sul quale non valga la pena di indagare.

Darwin, praticamente, ha fondato il concetto di selezione naturale sull'osservazione che dei numerosi organismi che nascono ne sopravvivono pochi, ma non concluse conseguentemente affermando che la sopravvivenza individuale è l'eccezione di un grande dispendio. La morte di un numero di organismi molto più elevato del numero di quelli che sopravvivono era un fatto sul quale non si poteva fondare una concezione della selezione naturale benefica per i singoli organismi. Per poterlo fare, si è steso un velo pietoso sul dispendio biologico.

Ma la maggior parte degli organismi e la maggior parte delle specie "evolve" verso l'estinzione senza lasciare discendenti. Solo una minima parte sopravvive ed evolve per un limitato periodo di tempo. Nel lungo periodo, l'estinzione s'impone in maniera quasi assoluta. Allora, per comprendere l'evoluzione biologica, occorre stabilire che la chiave di tutto è la legge del dispendio che si manifesta nella estinzione della maggior parte degli organismi e delle specie. Corollario di questa legge è l'eccezione statistica, costituita dalla minoranza di organismi e specie che sopravvivono e lasciano eredi, i quali mutano in organismi e specie superiori.

Per comprendere la legge del dispendio e della eccezione statistica, occorre aver chiara la dialettica caso-necessità che respinge ogni idea di evoluzione fondata sulla predeterminazione necessaria, sia essa la provvidenza divina o la provvidenza naturale, sia essa una moderna versione teleologica. Qualsiasi spiegazione fondata sulla necessaria predeterminazione non può rendere ragione dello spreco costituito dalle estinzioni. Altrimenti, occorrerebbe chiedersi: perché tanti tentativi falliti? Dove trovare la ragione di tanto spreco biologico? L'uomo cosciente sa bene che soltanto l'agire a caso, l'agire alla cieca può essere responsabile di un simile spreco. Non c'è quindi studioso che, come anche Darwin, di fronte alle infinite direzioni prese dalla evoluzione, la maggior parte delle quali sono finite in un vicolo cieco, non abbia pensato al cieco caso. Ma come può il pensiero deterministico concepire il caso?

Può farlo solo in termini metafisici, com'è capitato a certi studiosi contemporanei, vedi Gould, che per negare il dogma della necessità devono affermare il pluralismo delle possibilità. Ma non può essere questa la reale soluzione. La soluzione può essere trovata soltanto nella dialettica di caso e necessità che  si manifesta in natura come legge dei grandi numeri, base casuale della necessaria rarità statistica evolutiva. In biologia, la legge dei grandi numeri si manifesta come legge del dispendio: è grazie alle infinite linee evolutive casuali in tutte le direzione che sorgono come rarità statistiche le poche direzioni progressive.

La legge del dispendio verifica e completa la legge di Engels del quadrato della distanza dal tempo d'inizio della vita, e si avvale dell'altra sua fondamentale osservazione: "Ogni progresso nella evoluzione organica è nello stesso tempo un regresso, in quanto esso fissa un'evoluzione unilaterale, preclude la possibilità di evoluzione in molte altre direzioni. Questa è però la legge fondamentale" ("Dialettica della natura"). Combinando insieme la legge del quadrato della distanza dal tempo d'inizio e la legge della restrizione delle linee evolutive, possiamo giungere alle seguenti conclusioni:

1) soltanto poche linee evolvono progressivamente sulla base di un grande dispendio di direzioni che, nella maggior parte dei casi, si estinguono e in un'altra parte dei casi sopravvivono per lungo tempo, adattandosi parassitariamente o, comunque, ristagnando. Le linee progressive rappresentano, dunque, rarità statistiche necessarie, che sorgono sulla base casuale di grandi numeri di organismi, i cui complessi (popolazioni, specie, ecc.) necessariamente sopravvivono protempore.

2) La velocità della evoluzione "progressiva" aumenta col ridursi delle possibili direzioni, e ciò avviene quanto più ci si allontana dal tempo d'inizio della vita. La principale conseguenza è che saranno "progressive" quelle specie che presentano scarsa adattabilità, o capacità di modificazione a circostanze mutevoli. Le specie che presentano un'ampia adattabilità, come le specie batteriche, appartengono a regni stagnanti o parassitari; ma la capacità di adattamento qui dipende solo dal fatto che la casuale variabilità dei singoli, numerosissimi, organismi effimeri si rovescia nella necessità della sopravvivenza dei complessi (ceppi, popolazioni) nelle più mutevoli circostanze. E anche questo è un aspetto del dispendio biologico.

3) La legge biologica del dispendio rispecchia perfettamente l'evoluzione cieca e incosciente della natura vivente, risolvendo il rapporto naturale caso-necessità in senso dialettico. Di conseguenza anche il progresso, come categoria concettuale, non può essere considerato in senso metafisico, ossia separato dal suo polo opposto: il regresso. Raggiunto il massimo progresso, rappresentato dalla specie umana, l'evoluzione non può progredire più oltre: è l'inizio del declino. Il massimo progresso si rovescia in regresso, l'evoluzione diventa involuzione. E non è finita: mentre le specie più antiche e i regni che precedono le specie animali, come i procarioti e i virus, avranno vita lunga, le specie più progressive, che rappresentano gli ultimi stadi del progresso evolutivo, sono destinate a una vita più breve, tanto più breve, quanto più in alto si trovano nella scala dell'evoluzione. Perciò l'uomo scomparirà prima dei roditori, e questi prima degli insetti. Infine, per ultimi, si può prevedere con assoluta certezza, si estingueranno i virus preceduti dai procarioti.

Tratto da "Caso e necessità - l’enigma svelato - Volume terzo  Biologia" (1993-2002) Inedito
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