domenica 24 novembre 2019

Il problema della crisi economica e finanziaria

Spunti di riflessione tratti da "EUFORIA E PANICO storia delle crisi finanziarie" 1981, di Kindleberger.

LE CRISI sono come i terremoti, singolarmente imprevedibili: si sa che capitano improvvisamente con segnali anticipatori, ma è impossibile prevederne le singole manifestazioni. Così è per la singola crisi: impossibile prevedere quando capiterà, quali danni provocherà e come evolverà nel tempo. Perciò la scienza, intesa come previsione, può fare ben poco. In questo caso "intervenire è un'arte, non una scienza".

Kindleberger prende in considerazione due scuole di pensiero opposte e sostiene una via di mezzo: 1) i liberisti per i quali i mercati (delle merci e finanziari) funzionano sempre perfettamente, 2) gli interventisti, per i quali i mercati funzionano sempre male e debbono essere sostituiti da pianificazioni o decisioni governative, 3) i mercati sono talvolta imperfetti, perciò occorre intervenire in ultima istanza. Questa è la convinzione dell'autore, per il quale la risposta alla crisi può avvalersi di un solo strumento: il prestatore di ultima istanza.

Poi cita Minsky, "un teorico della moneta che ritiene il sistema finanziario instabile, fragile ed esposto alle crisi". Ma il vero problema della moneta per lui deriva da una precisa circostanza: "E' inoltre noto che è difficile regolare l'attività bancaria". Se "La scuola monetarista di Milton Friedman... ritiene che praticamente non esiste nessuna speculazione destabilizzante, che i mercati sono razionali, che i governi commettono un errore dopo l'altro", secondo il modello Minsky, invece, "il boom è alimentato da un'espansione del credito bancario che allarga l'offerta totale di moneta".


Così continua Kindleberger: "Con il procedere del boom speculativo, saggi d'interesse, velocità di circolazione e prezzi continuano tutti ad aumentare. Ad un certo punto alcuni insiders decidono di incassare i profitti e di vendere. All'apice il mercato è esitante, in quanto le nuove reclute della speculazione sono compensate dagli esperti che si tirano indietro. I prezzi cominciano a ristagnare. Ne può seguire un difficile periodo di "disagio finanziario". Locuzione usata per indicare la possibilità futura di non essere in grado di far fronte ai propri impegni..."

Come afferma Minsky. "Se il disagio permane, gli speculatori comprendono, gradatamente o improvvisamente, che il mercato non può salvarsi ancora. E' il momento di ritirarsi. La fuga dalle attività reali o finanziarie a lungo termine verso la moneta diventa precipitosa". Da questo rivolgimento (revulsion, termine usato da Minsky) o "discredito" (così chiamato in passato) si passa facilmente al "panico" (panico della porta chiusa, com'è chiamato dai tedeschi).

Sebbene questa assomigli molto alla crisi descritta da Marx, e sebbene Kindleberger sostenga che esistono diverse specie di crisi, ad esempio, industriale, monetaria, ecc., egli dice che tratterà "soprattutto di crisi finanziarie internazionali che comportino alcuni elementi tipici (speculazione, espansione monetaria, aumento dei prezzi delle attività seguito da una brusca caduta, corsa alla moneta)".

Per concludere questa introduzione, vale la pena di riportare una citazione di Popper riportata da Kindleberger: "Il mondo più o meno si comporta come se gli uomini nel lungo periodo fossero razionali, e noi dovremmo analizzare le vicende economiche come se l'ipotesi fosse valida". L'autore di questo post critica, invece, come non scientifico il convenzionalismo del "come se", che spadroneggia nella teoria della conoscenza soprattutto dalla seconda metà del Novecento; e si compiace che Kindleberger respinga questa "utile" finzione.

DIGRESSIONE sulla psicologia di massa, che influenza l'intensità della crisi. L'autore di questo post, senza approfondire la questione si limita a riportare un luogo comune della psicosociologia dell'epoca, ripreso da Weber: "La psicologia o isteria delle masse è ben conosciuta come occasionale deviazione da un comportamento razionale". Volendo soffermarci un poco sulla questione del comportamento razionale, dobbiamo partire dall'individuo, il quale, pur soggetto ai capricci del caso individuale, non è necessariamente o sempre razionale o sempre irrazionale. Quando l'individuo "appartiene" alla folla, invece, ne segue irrazionalmente le oscillazioni, perché la folla non è una totalitat organizzata soggetta alla necessità, ma è un allheit, un aggregato che mantiene la casualità dei singoli individui, e anzi la potenzia grazie alle sue dimensioni. La folla, quindi, finisce per essere un individuo alla potenza e segue la regola citata da Kindleberger: "quando il resto del mondo impazzisce, in qualche modo bisogna andargli dietro".

E IL MERCATO COME SI COMPORTA? Per Kindleberger, in genere, è razionale, ma talvolta si comporta in maniera irrazionale. Più precisamente si può sostenere che il mercato è razionale solo nel senso che è un complesso statistico che funziona generalmente secondo la media di Gauss. Talvolta, però, raramente s'impone la legge di potenza che si manifesta come eccezionale euforia, eccezionale boom, cui fa seguito una profonda crisi economico-finanziaria, con il suo contorno di speculazioni, inganni e truffe.

LA QUESTIONE DELLA MONETA: come si crea moneta? Il monopolio dell'emissione di banconote è stato preso dalle banche centrali: "La storia della teoria monetaria registra una prolungata battaglia tra la scuola metallica e la scuola bancaria..." afferma Kindleberger, che aggiunge. "Oggi la scuola metallica corrisponde molto approssimativamente ai "monetaristi", mentre la scuola bancaria ha connessioni ancora più tenui con i "keynesiani". Comunque è antico lo scontro "fra coloro che cercano di limitare l'offerta di moneta (la scuola metallica) e coloro che vogliono, o comunque agiscono in modo da espanderla (la scuola bancaria)".

"Il problema- aggiunge l'autore- è che la "moneta" è materia sfuggente, che è difficile inchiodare e fissare a una certa quantità desiderata per l'economia". Perché la moneta è definita "in termini di particolari attività liquide". Inoltre, l'euforia monetizza "credito in modi nuovi", perciò c'è una oggettiva difficoltà a definire la moneta, esistendo molti modi di crearla: "M1, circolante più depositi a vista correnti; M2 pari a M1 più i depositi a termine; M3 pari a M1 più titoli governativi a elevata liquidità; ed altre definizioni ancora. Mi si dice che alcuni studiosi si sono spinti fino a M7. Voglio sottolineare che si tratta di un processo interminabile..." E ancora: "Nel linguaggio corrente MONETA BANCARIA significa BANCONOTE IN CIRCOLAZIONE: "carta moneta". Pure,  sembrerebbe che alcuni autori comprendano nella stessa voce anche i PRESTITI e i DEPOSITI".

Dopo la crisi del '29 la scuola metallica si è traformata in "monetarista" e quella bancaria in "keynesiana". Le opinioni dei monetaristi sulla crisi del '29 si trovano in un monumentale lavoro di Milton Friedman e Anna Schwartz. Secondo loro la responsabilità della crisi fu del Federal Reserve System: "In massima parte essi si concentrarono sulla diminuzione dell'offerta di moneta dall'agosto 1929 al marzo 1933".

Conseguenza della crisi del '29: il congelamento del sistema creditizio "paralizzato dai prestiti che i prezzi calanti rendono inesigibili". Molto importante la questione del TASSO D'INTERESSE: qui il problema è se esso possa restringere l'instabilità del credito, attenuare la speculazione, impedendole di assumere dimensiomi pericolose".

La vera questione è: quali conseguenze possono derivare dall'intervento sul tasso d'interesse, ovvero dall'interventismo bancario? L'autore risponde: "Non ritengo vi sia modo di sapere a priori se una politica della banca centrale tesa a mantenere costante l'offerta di moneta, o a limitare la liquidità del mercato monetario o ad aumentare il tasso ddi sconto al primo segno di euforia speculativa sia in grado di prevenire le manie che sfociano in crisi, o di correggerle una volta che si siano avviate".

Questo è il parere giudizioso di Kindleberger, per il quale il problema è l'instabilità del credito che si espande e si contrae all'infinito. Egli ricorda che le banche centrali nacquero per controllare il credito mediante il tasso di sconto; quindi intuisce l'oggettiva opposizione dialettica: "Il breve periodo era in conflitto con il lungo, il bene privato in conflitto con il pubblico". "Si tratta di un problema generale, in politica, negli affari, nelle università, ovunque".

A proposito delle truffe e degli scandali che accompagnano le crisi finanziarie, l'autore, dopo aver ricordato che "La linea che separa le azioni morali da quelle immorali oscilla alquanto", sostiene che negli '70 del Novecento c'era più moralità che nel Settecento (il secolo degli eccessi del capitalismo adolescente). Oggi, però, si ricrederebbe perché la fase attuale, senescente del capitalismo, la globalizzazione, ha riportato l'umanità a quegli eccessi, anzi, li ha potenziati.

L'autore, comunque, si mostra beffardo nei confronti dei truffati, citando un detto del satirico romano Petronio: "mundus vult decipi, ergo decipiatur", "il mondo vuole essere ingannato, dunque sia ingannato". Ma perchè non si pensa, invece, di deludere le aspettative del mondo togliendolo dall'inganno? Questo è il problema: mentre è facile mentire, ingannare, ecc. è quasi impossibile dire il vero, perché difficile è la reale conoscenza scientifica. Certe volte viene da pensare che la propensione alla menzogna sia dovuta più all'incoscienza dell'ignoranza che alla cosciente volontà di mentire.

Molti se la prendono con i banchieri attribuendo loro una conoscenza precisa dei meccanismi economici e una conseguente precisa volontà di truffare a proprio vantaggio. Ciò presupporrebbe che la pratica monetaria, bancaria, avesse un fondamento scientifico. Ma se così fosse, perché i banchieri dovrebbero essere presi dal panico ad ogni crisi? E, anzi, perché dovrebbero esistere le crisi, se essi fossero in grado di conoscere scientificamente i meccanismi monetari, e dunque fossero in grado di intervenire sempre in maniera scientifica?  E qui chiudo, lasciando in sospeso la risposta.

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