domenica 24 ottobre 2010

La lotta per l'esistenza

Una delle prime definizioni della selezione naturale, che troviamo ne "L'origine delle specie", è la seguente: "Grazie a questa lotta per la vita, qualsiasi variazione, anche se lieve, qualunque ne sia l'origine, purché risulti in qualsiasi grado utile a un individuo appartenente a qualsiasi specie, nei suoi rapporti infinitamente complessi con gli altri viventi e con il mondo esterno, contribuirà alla conservazione di quell'individuo e, in genere, sarà ereditata dai suoi discendenti. Quindi, anche i discendenti avranno migliori possibilità di sopravvivere, perché tra i molti individui di una data specie, che vengono periodi­camente generati, solo un piccolo numero riesce a sopravvi­vere. A questo principio, grazie al quale ogni piccola variazione, se utile, si conserva, ho dato il nome di selezione naturale, per farne rilevare il rapporto con le capacità selettive dell'uomo".

Darwin collega quindi "qualsiasi variazione, anche se lieve", all'utilità ch'essa può procurare a un singolo organismo, "nei suoi rapporti infinitamente complessi con gli altri individui e con il mondo esterno". Ed è al princi­pio della conservazione di questa "utilità" che egli dà il nome di selezione naturale. In questa prima definizione, il principio della lotta per l'esistenza può anche essere trascurato, in quanto l'utilità è riferita in generale ai "rapporti infinitamente complessi". Insomma questa defini­zione di selezione naturale regge perfettamente anche senza la "lotta per l'esistenza". E non a caso, perché la lotta per vivere è un aspetto particolare dei "rapporti infinita­mente complessi", che comprendono anche la "collaborazione" per la vita, come nel caso del reciproco adattamento tra organismi di specie diversa, e anche il parassitismo.

Sembra che Darwin si renda conto di ciò, quando precisa di impiegare "il termine di lotta per l'esistenza in un senso più ampio e figurato comprendendovi la dipendenza di un essere dall'altro e (ancor più importante) comprenden­dovi non solo la vita dell’individuo, ma anche la sua proba­bilità di lasciare una progenie". Quest'ultimo aspetto ci fa tornare in mente l'intuizione di Feuerbach, che abbiamo ripreso nel volume dedicato alla teoria della conoscenza. Avevamo visto che Feuerbach aveva distinto la riproduzione necessaria della specie uomo dalla capacità riproduttiva delle singole donne, la quale non è mai necessariamente garantita. Ciò che rappresenta, come la riproduzione, una realtà necessaria per le specie, per i singoli individui si presenta soltanto come possibilità, ossia casualmente. Allora, riprendendo la precisazione di Darwin, la probabi­lità di lasciare una progenie, in quanto è soltanto possibile ma non necessaria, è oggettivamente affidata al caso. Di più: tutte le circostanze relative ai "rapporti infinita­mente complessi" che un individuo ha "con gli altri viventi e il mondo esterno", appartengono alla sfera della casualità individuale.

Inconsapevole della oggettiva casualità relativa ai singoli organismi, Darwin fu drammaticamente colpito dalla presenza del caso. Il 26 novembre 1860, egli scrisse una lettera ad Asa Gray, nella quale troviamo questa frase rivelatrice: "Sono conscio di essere in un terribile pastic­cio non potendo pensare che il mondo, come lo vediamo, sia il risultato del caso: eppure non posso guardare ogni cosa come se fosse il risultato della necessità".

Per comprendere il "terribile pasticcio", confessato da Darwin, basta ricordare come vedevano il mondo gli scienziati dell'Ottocento: dominati dal determinismo riduzio­nistico, essi concepivano il mondo come un groviglio di processi, la cui necessità poteva essere trovata soltanto riducendoli alle singole cose, e alla connessione necessaria tra queste. Ora, se non si può guardare ogni singola cosa come risultato della necessità, come arrivare alla necessità del mondo nella visione del determinismo ottocentesco?

Engels aveva ben compreso la difficoltà del determinismo, come attesta questo brano che abbiamo già considerato nel volume dedicato alla Teoria della conoscenza: "Si può affermare quanto si vuole che la varietà delle specie e degli individui organici e inorganici esistenti su un dato territorio è basata su ferrea necessità; per le singole specie e individui, essa rimane com'era, un fatto casuale. Per il singolo animale, il luogo dove è nato, l'ambiente di vita che trova, il numero e la quantità di nemici che lo minacciano sono dovuti al caso ( ... ) e l'assicurazione che anche in questo caso tutto è basato su ferrea necessità è una magra consolazione. Il groviglio degli oggetti della natura su un determinato territorio, anzi di più, sull'intera terra, rimane, con ogni predeterminazione a partire dall'eter­nità, quello che era: casuale" ("Dialettica della natura").

Se il "groviglio degli oggetti della natura" è casuale, è da questa casualità che dobbiamo partire per comprendere la necessità. Darwin non poté risolvere il "terribile pa­sticcio" perché, come ogni determinista dell'ottocento, non fu in grado di comprendere che "i rapporti infinita­mente complessi", presi singolarmente, appartengono al regno della casualità. Pensò, invece, di aver trovato la soluzione in un libro capitatogli per caso fra le mani, e che lesse per puro svago nel 1838. Il "saggio sui princìpi della popolazione" di Malthus gli fornì il concetto di "lotta per la sopravvivenza" o per l’esistenza, ma si può ritenere che egli fece proprio quel concetto più per disperazione che per convinzione: tanto è vero che più di vent’anni dopo, nel 1860, scriveva di trovarsi in un "terribile pasticcio", perché non riusciva a vedere la necessità nelle singole cose.

Darwin utilizzò la "lotta per la sopravvivenza" per poggiare la conservazione delle variazioni utili su qualcosa che avesse almeno la parvenza di necessità, e solo per evitare al principio della selezione naturale l’accusa di essere una pura manifestazione del caso. Il fatto è che, se si pone come oggetto della selezione il singolo organismo, l'"accusa" è giusta: la selezione del singolo organismo è casuale!

Abbiamo visto che, mentre la selezione domestica opera secondo un fine e una direzione voluta, la selezione natu­rale non può avere un fine e una direzione predeterminata. Nella selezione operata dall'uomo non compare ovviamente la lotta per l'esistenza, perché la selezione è indirizzata, vale a dire la necessità qui è rappresentata dall'azione predeterminata dell’uomo; il singolo animale qui è soltanto un oggetto plasmabile, senza alcuna considerazione per il suo beneficio, se non in quanto coincida casualmente con il beneficio dell'allevatore.

Che cosa accade, invece, nella selezione naturale, secondo Darwin? E’ la lotta per l’esistenza che stabilisce la dire­zione necessaria della conservazione dell'individuo e della perpetuazione della sua discendenza. La lotta per l'esistenza appare dunque la guida della selezione naturale. Ora, per avere successo nella lotta individuale per la vita, occor­rono variazioni favorevoli. Ne deriva che è avvantaggiato chi possiede queste variazioni dei caratteri che lo favo­riscono, ossia lo rendono più adatto alla lotta per la sopravvivenza.

Che cosa è stato dedotto da tutto ciò? Che la selezione naturale, guidata dalla lotta per la sopravvivenza, favo­risce i singoli individui, ed è quindi benefica. Questa soluzione però non spiega fenomeni come distruzioni in massa, mostruosità individuali, estinzioni: ad esempio, come si concilia questa selezione benefica, quando "tra i molti individui di una data specie, che vengono periodicamente generati, solo un piccolo numero riesce a sopravvi­vere"?

L'unica risposta ovvia è che sopravvivono gli individui favoriti, beneficiati, o, rovesciando, che i sopravissuti sono i favoriti. Questa tautologia, a ben guardare, era già nelle premesse. Infatti, se l'individuo adatto è quello che possiede caratteri favorevoli alla lotta per la vita, non si può dedurre che la selezione naturale è benefica in generale per i singoli organismi, perché  lo sarà soltanto per quelli favoriti da variazioni casuali che li rendono più adatti. E, se solo un piccolo numero di nuovi nati riesce a sopravvivere, significa che i favoriti sono molto meno numerosi dei danneggiati. Da questo punto di vista la sele­zione naturale pare proprio malefica.

Pochi favoriti, per caso, diventano i beneficiati della selezione naturale per adattamento. Per evitare alla sele­zione naturale del singolo organismo l'accusa d'essere puramente casuale, Darwin è caduto in una tautologia che esalta quella casualità che egli voleva eludere. Ora, chi sostiene che la lotta per la vita è la causa della selezione del più adatto, non si rende conto che nell'effetto, nella sopravvivenza del più adatto, c'è già quello che si pretende attribuire alla causa: la lotta per la vita è già una manifestazione della esistenza. E chi sopravvive a questa lotta, ossia al groviglio della natura, è solo più fortunato. Come aveva compreso Engels, la sopravvivenza di ogni singolo organismo e della sua progenie, nel groviglio della natura, dipende solo dal caso. Ma allora come si manife­sta l'evoluzione necessaria di specie, generi… e regni?

Il "groviglio della natura" non è altro che il ri­sultato casuale di due forme di casualità, quella ambien­tale e quella individuale, vale a dire, più in generale, della casualità relativa a ogni singolo individuo organico e oggetto inorganico. Questo risultato casuale si rovescia nella necessità dei complessi: specie, generi... regni, nei lunghi periodi di tempo. Ma questa necessità non è unidire­zionale: in relazione alla sopravvivenza, essa comprende sia il vantaggio che lo svantaggio e anche la neutralità. Così avremo necessariamente sia specie estinte sia specie che si sono evolute sia specie che si sono conservate in forme intermedie o parassitarie. Nella evoluzione delle specie operano spinte in tutte le direzioni, i cui singoli nessi sono praticamente infiniti, e perciò vanno considerati oggettivamente casuali. La necessità si manifesta solo a livello del risultato complessivo, statisticamente determinato.

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Tratto da "Caso e necessità -  l'enigma svelato - Volume terzo  Biologia." (1993-2002) Inedito
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