domenica 15 agosto 2010

Sulla possibilità della conoscenza della verità

Già Hegel, nei primi decenni dell'Ottocento indicava "la grande questione dei tempi moderni: se sia possibile la vera conoscenza, cioè la conoscenza della verità, che, se noi ci accorgiamo che non è possibile, dobbiamo abbandonare l'impresa". Così, se si pone "in questione la possibilità del conoscere vero in genere", diventa solo una "faccenda di possibilità e di arbitrio l'esercitare la conoscenza o ammetterla". Ma per Hegel "il concetto del conoscere ci si è mostrato come la conoscenza stessa, la certezza della ragione: la realtà  dell'intelligenza è, dunque, il conoscere stesso. Segue da ciò, che è una discordanza parlare dell'intelligenza e poi, insieme, della possibilità o arbitrio del conoscere".

Questa discordanza è stata espressa, soprattutto nel nostro secolo, da parte di scienziati e studiosi così presuntuosamente intelligenti da ritenere possibile solo una conoscenza convenzionale, fittizia, probabilistica della natura. I vari Mach, Ostwald, Heisenberg, Bohr, fino ai Carnap, Reichenbach, kuhn, Popper, Feyerabend, solo per indicare alcuni tra i nomi più noti, che non hanno mai avuto dubbi sulla propria intelligenza, si sono fatti un vanto nel dichiarare la natura non realmente intellegibile, così da trasformare la conoscenza in "una faccenda di possibilità e di arbitrio".
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