lunedì 7 novembre 2016

Supersimmetria - Superstringhe - Teoria M - Paesaggio cosmico

Questi i temi che tratteremo in questo interminabile post, diviso in quattro parti (riferendoci ancora al "Paesaggio cosmico" di Susskind): I] Dalla Supersimmetria alle Superstringhe. II] Dalle Stringhe al Megaverso. III] Digressione sullo spazio concepito dai matematici fisici. IV] Dalla teoria M alle Brane e al Paesaggio cosmico. Conclusioni.

I] DALLA SUPERSIMMETRIA ALLE SUPERSTRINGHE

Dice Susskind che "La parola più gettonata nel vocabolario dei fisici è "super": superconduttività, superfluidità, supercollisioni,  superstringhe... I fisici non vedono spesso messa alla prova la loro inventiva lessicale, ma l'unica parola che sono riusciti a trovare per questo gemellaggio tra fermioni e bosoni è stata Supersimmetria. Le teorie supersimmetriche contemplano l'energia del vuoto perché i contributi dei fermioni e dei bosoni si compensano esattamente".

Ci limitiamo alla seguente distinzione molto semplificata: mentre i bosoni (fotoni) possono occupare lo stesso stato quantico e quindi permettere un comportamento collettivo coordinato come quello di un fascio laser, in cui molti fotoni dello stesso calore agiscono insieme, i fermioni (elettroni, protoni, neutroni), invece, non possono trovarsi nello stesso luogo e possedere le stesse proprietà nello stesso momento. La teoria supersimmetrica afferma, inoltre, che per ogni fermione c'è un bosone gemello e, viceversa, per ogni bosone c'è un fermione gemello. E' il principio matematico di simmetria che ha prodotto questa stranezza. Però Susskind aggiunge: "Ma super o no, la simmetria fermioni-bosoni non è una caratteristica del mondo  reale. Non esiste un superpartner dell'elettrone né di qualsiasi altra particella elementare".

La supersimmetria, aggiungendo alle particelle già ammesse (e sono tante!) i loro gemelli supersimmetrici, raddoppierebbe il mondo delle particelle, se non fosse che Susskind ci rassicura: "In realtà si trattava solo di un esercizio, di un gioco matematico, una pura esplorazione teorica (!) di un nuovo tipo di simmetria che il mondo (un altro mondo, non il nostro) avrebbe potuto possedere". Ecco un'illustre conferma della nostra tesi sull'irrealismo delle teorizzazioni della matematica pura in fisica. Ma andiamo avanti. Perché in fisica le simmetrie [che sono irrealistiche] sono tanto apprezzate e considerate? Dice l'autore che, insieme a Nambu, scoprì la teoria delle stringhe bosoniche, da cui la supersimmetria tra fermioni e bosoni: ovvero, un partner bosonico per ogni fermione e, viceversa, un partner fermionico per ogni bosone. Insomma, anche per i teorici delle stringhe la simmetria è uno strumento matematico essenziale, però nessun partner supersimmetrico è stato scoperto. Dunque? Si ammette che non esistano. Eppure molte sono le affermazioni sulla validità della supersimmetria, ma solo perché essa permette di facilitare la matematica pura in fisica!

Come se la cava, infatti, Susskind? Se la cava recuperando il possibilismo epicureo con una giustificazione molto stiracchiata capace di far passare tutto per (epicureicamente) possibile: "Il mondo supersimmetrico non è il mondo reale (almeno nel nostro universo locale), ma è abbastanza simile ad esso (sic!) per insegnarci molte cose riguardo alle particelle elementari e alla gravità (?!)".

Dopo una simile rassicurazione, ogni ritegno viene abbandonato: la distinzione tra la realtà e l'immaginario matematico scompare e, tanto per usare l'ennesima metafora, Susskind ci invita in "quel luna park che è il nostro universo", dove "lo "specchio" matematico della supersimmetria, che riflette ogni particella nel proprio superpartner, è fortemente distorta, a tal punto da rendere i partner supersimmetrici simili a immagini obese (!). I superpartner, se esistono (sic!), sono molto più pesanti delle particelle conosciute, hanno cioè una massa molto maggiore. Nessuno di essi è stato per ora osservato: né il campo dell'elettrone, né quello del fotone o quello dei quark. Questo vuol dire che non esistono [come in precedenza aveva ammesso], e che la supersimmetria è solo un giochetto matematico completamente irrilevante? Forse si, ma potrebbe anche voler dire che la distorsione è tanto forte da rendere i superpartner estremamente pesanti, lasciandoli fuori dalla portata degli acceleratori attuali".

Come si vede, partendo dall'iniziale premessa di una negazione della realtà delle particelle supersimmetriche, l'autore, come un perfetto imbonitore, è arrivato ad ammettere, al contrario, la possibilità della loro esistenza, possibilità da verificare in quella maniera che ormai è un classico della fisica teorica: la ricerca al limite... dell'impossibile, ossia la ricerca che ha bisogno di tecnologia sempre più avanzata: "Se per qualche motivo le particelle supersimmetriche avessero tutte una massa un pò troppo grande (più di di 200 volte la massa del protone), bisognerebbe aspettare la prossima generazione dei acceleratori per sperare di osservarle sperimentalmente".

Ecco come funziona la fisica teorica-matematica (e non c'è male come imbonimento): giungere alla necessità di una nuova generazione di acceleratori per osservare sperimentalmente l'esistenza di particelle, che all'inizio erano state dichiarate irreali, non è da tutti. Ma, se nessuno fa caso a queste quisquiglie, significa soltanto che tutto è permesso alla fisica teorica. Allora, come dare torto al governo americano che ha tagliato i fondi per l'acceleratore di nuova generazione, mentre LHC tace perché molto lontano dal confermare o smentire la supersimmetria?

II] DALLE STRINGHE AL MEGAVERSO

"I teorici delle stringhe sono una speciale razza di fisici teorici che su questo argomento hanno opinioni molto forti. La teoria alla quale lavorano ha spesso dato luogo, per ragioni profonde e misteriose, a insperati miracoli matematici (sic!), a compensazioni numeriche perfette. La loro idea (che fino a molto tempo fa era anche la mia) è che la teoria delle stringhe sia talmente speciale da dover essere l'unica vera teoria della natura. Ed essendo vera, deve avere qualche profonda ragione matematica che spiega il presunto valore nullo dell'energia del vuoto. Trovare questa ragione è stato considerato il problema più grande, più importante e più difficile della fisica moderna. Ogni tentativo, tanto della teoria dei campi quanto della teoria delle stringhe è fallito. Davvero è la madre di tutti i problemi della fisica".

Insomma, è proprio necessario un bel fallimento per elevare il valore di un problema irrisolto! Perché i fisici (teorici) non abbandonano tanto facilmente le proprie illusioni: "Molti fisici, me compreso -scrive Susskind- hanno la netta sensazione che la teoria delle stringhe sia la nostra migliore speranza di riconciliare finalmente questi due grandi pilastri della scienza moderna tra loro contrastanti": la gravità relativistica e la meccanica quantistica. Frasi come questa, "La teoria delle stringhe ha senso solo se è una teoria della gravità quantistica", confermano la solita direzione: quella di non gettare via nulla e di conciliare tutto per non scontentare nessuno, anche a costo di cadere in assurdità, come quella della "gravità quantistica", ipotizzata per la fase iniziale dell'universo dominata dall'energia radiante, repulsiva. Ma qualcuno può ritenere che esista realmente una gravità repulsiva?

Però Susskind è ormai partito in quarta e non lo ferma più nessuno: "La teoria delle stringhe non è solo una fisica della natura (sic!): è anche una struttura matematica molto raffinata che ha rappresentato una fonte di ispirazione per molti matematici puri". Eppure, nonostante queste meraviglie, veniamo a sapere dallo stesso autore che non si conoscono ancora le equazioni fondamentali della teoria. Allora "Che cosa è la teoria? Davvero non lo sappiamo (sic!)". Però "Anche se nessuno riesce a identificare le equazioni di base, la metodologia è molto rigorosa!"

Dopo questo ottimismo, privo di fondamento, arrivano le dolenti note: "Oggi sappiamo che il "successo dietro l'angolo" era solo un miraggio". "Con orrore i teorici delle stringhe videro aprirsi davanti ai loro occhi un Paesaggio sterminato, con un così grande numero di valli che era possibile trovarvi praticamente qualsiasi cosa, in un punto o nell'altro", "La teoria tendeva cioè a produrre macchine alla Rube Golderberg: insomma era esteticamente orribile"! "Infine, oltre al danno la beffa: i potenziali candidati a rappresentare il vuoto in cui viviamo hanno tutti una costante cosmologica non nulla. La speranza che qualche elegante magìa matematica della teoria delle stringhe avrebbe garantito un valore nullo alla costante cosmologica sta rapidamente svanendo".

Insomma, qui, l'autore ci sta dicendo che si è dovuto rendere conto, suo malgrado, del fallimento della teoria delle stringhe: "Mi resi conto che l'obiettivo di un unico mondo delle stringhe era un miraggio, e i teorici alla ricerca di un mondo siffatto erano destinati al fallimento. Ma nell'imminente catastrofe individuai anche una straordinaria opportunità: la teoria delle stringhe avrebbe potuto fornire appunto il contesto teorico nel quale il ragionamento antropico avrebbe avuto senso". Insomma, ciò che era fallito per un universo avrebbe avuto successo per un megaverso!?

Sussiskind ammette: "La teoria delle stringhe di oggi si occupa quasi esclusivamente della sfuggente unificazione tra meccanica quantistica e gravità, contro la quale i fisici hanno sbattuto in massa la testa per buona parte del ventesimo secolo. Questo significa che è una teoria riguardante il mondo della scala di Planck, ossia alla minuscola distanza dell'ordine di 10-33cm": Distanza che -aggiunge l'autore di questo blog- forse non esiste realmente e, soprattutto, è irraggiungibile. Infine, che cosa potrebbe mai dirci dell'universo una scala che, se esistesse, varrebbe solo per l'infinitesimo attimo del big bang?

Ma, se vogliamo riassumere in forma accessibile e intuitiva la teoria delle stringhe, possiamo cominciare dicendo che la teoria inizia a livello degli adroni, matematicamente utilizza una particolare geometria di superfici o "tubi di universo", e tratta i quark in maniera diversa dalla cromodinamica quantistica (QCD). "Secondo la QCD gli adroni sono fatti di quark e antiquark; la cromodinamica quantistica ha questo in comune con la teoria delle stringhe scoperta da Nambu e da me. Ma la forza che tiene i quark incollati insieme non ha a che fare in modo evidente con le stringhe". "Sembrerebbe dunque che vi siano due diversi teorie degli adroni: la QCD e il modello a stringhe. Ma fin dagli albori della teoria delle stringhe si comprese che i due modelli potevano essere in realtà due facce della stessa teoria. In effetti, l'intuizione fondamentale delle stringhe precedette di un paio di anni la scoperta della QCD".

Prevalse all'epoca la teoria di Feynman, che concepì particelle (da Susskind chiamate i partoni degli adroni), alle quali Murray Gell-Mann diede il nome di quark. Però nel 1970 lo stesso Gell-Mann diede la sua approvazione anche alla teoria delle stringhe. In definitiva. QCD e Stringhe nascono praticamente insieme, ma se la seconda faticò parecchio ad emergere fu per il problema delle troppe dimensioni.

"I fisici -scrive Susskind- hanno sperato di essere un giorno in grado di spiegare perché lo spazio ha tre dimensioni e non due, o sette, o ottantaquattro. In teoria, dunque, i teorici delle stringhe avrebbero dovuto essere entusiasti di scoprire che la loro matematica funzionava solo con un particolare numero di dimensionsioni. Il problema era che quel numero era 9+1 e non 3+1. Se le dimensioni spaziali non sono nove, infatti, qualcosa di molto sottile non va per il verso giusto nella matematica. Nove dimensioni significa il triplo di quelle del mondo in cui vivimo. Sembra proprio che i teorici delle stringhe si fossero ricoperti di ridicolo".

Ma come risolsero la questione delle sei dimensioni in più? Con la "compattificazione", ovvero con uno dei più ridicoli aggiustamenti ad hoc matematici, immaginando di poter concepire lo spazio come una cosa composta di strisce che si possano avvolgere.

                     
III] DIGRESSIONE SULLO SPAZIO CONCEPITO DAI MATEMATICI-FISICI

Prima di andare avanti è necessario fare qualche considerazione sul modo di concepire lo spazio da parte della matematica-fisica. Realisticamente parlando, lo spazio è il nome che diamo da tempo immemorabile al vuoto privo di materia, vuoto che in se stesso è privo di dimensioni. L'introduzione dei cosidetti assi cartesiani, ma ancora prima la geometria euclidea, ha permesso di costruire matematicamente la geometria delle linee rette, delle linee curve, dei piani, dei volumi che poteva servire a ricostruire e a misurare i corpi nel vuoto. Ma non per questo motivo lo spazio diveniva realmente tridimensionale. La tridimensionalità non riguarda lo spazio, riguarda i corpi e le loro forme. E' solo se si concepisce lo spazio come sostanza che gli si possono attribuire forme e dimensioni. Ma questo modo di rendere lo spazio una sostanza è un errore teorico... recente.

Perciò, quando si è cominciato a parlare di spazio-tempo non euclideo, il presupposto erroneo è stato identificare un inesistente spazio euclideo con la tridimensionalità. Insomma, è solo quando si è concepito lo spazio come sostanza e poi gli sono stati attribuite tre dimensioni (euclidee) che si è compiuto il primo errore. Dopo di che è stato facile che saltasse fuori un Kaluza (primi anni del '900) a dichiarare che si doveva aggiungere un'ulteriore dimensione spaziale passando da 3+1 a 4+1.

"Secondo Kaluza -scrive Susskind- le particelle potrebbero muoversi non solo nelle solite tre dimensioni spaziali, ma anche lungo una quarta dimensione nascosta. La teoria aveva però un problema evidente e piuttosto ingombrante: se lo spazio possiede una quarta dimensione, come mai non la percepiamo? Che cosa la tiene nascosta ai nostri sensi? Né Kaluza né Einstein trovarono il modo di farlo. Klein aggiunse il nuovo elemento che rendeva sensata (!) l'idea di Kaluza: la dimensione supplementare doveva essere arrotolata (sic!) in uno spazio compatto microscopico (gulp!). Oggi le teorie con dimensioni supplementari compattificate sono dette Teorie Kaluza-Klein".

Ma, se la matematica fisica ha lasciato passare una teoria che rendeva ragione di una dimensione spaziale nascosta, immaginando semplicemente di poterla arrotolare in uno spazio non solo microscopico ma persino compattificato, allora tutto poteva essere permesso, anche l'aumento del numero di dimensioni moltiplicando i cilindri compattificati! Ma che razza di teoria fisica è questa? Il fatto che la matematica possa permettersi simili geometrie è una cosa, che la fisica se ne appropri per giustificare concezioni irrealistiche è un'altra cosa: una cosa che ricalca le orme del... "geniale" Einstein.

Così, Susskind può affermare tranquillamente: "La teoria di Kaluza è un modello di come le proprietà delle particelle possano avere origine dalla presenza di dimensioni spaziali aggiuntive. Quando scoprirono che la loro teoria richiedeva (sic!) sei dimensioni spaziali supplementari, i teorici delle stringhe si impadronirono di fatto della teoria di Kaluza: bastava arrotolare le sei dimensioni aggiuntive in qualche modo e usare il moto nelle nuove direzioni per spiegare i meccanismi (sic!) interni delle particelle elementari". Tutto ciò, naturalmente, non è affatto ridicolo, ma soltanto perché è assolutamente tragicomico per la fisica reale!

Susskind dice che, per capire la complessa proprietà delle particelle elementari, le dimensioni supplementari sono una benedizione, non una iattura. Dice, inoltre, che uno spazio a nove dimensioni, di cui sei arrotolate, supera la capacità di visualizzazione umana; ma ciò non costituisce un problema perché la geometria, a sua volta, può essere ridotta ad algebra, a equazioni algebriche. Ma, nonostante ciò, "anche i metodi più potenti della matematica riescono a malapena a scalfire la superficie della geometria esadimensionale". Vengono denominati "spazi di Calabi-Yan", dal nome dei fisici che per primi li hanno studiati.

Ma, in conclusione, questi spazi non sono visualizzabili; per loro non esistono equazioni e, infine, sono così piccoli, molto probabilmente qualche lunghezza di "Planck", perciò invisibili e di enorme energia! Eppure, non contenti di aver per le mani qualcosa di inconcepibile, inaccessibile e inutile, i matematici-fisici ce la mettono tutta per complicare le cose: "Nel 1985 la teoria delle stringhe, nel frattempo divenuta superstringhe, contava ormai cinque versioni distinte", ci assicura Susskind!

Ovviamente, eviteremo la descrizione di queste teorie incomprensibili non soltanto per i non addetti ai lavori. Ci limitiamo a notare che oltre venti anni dopo, mentre la tecnologia umana si era sbizzarrita realizzando prodotti superbi quasi da fantascienza, la vera fantascienza, la matematica-fisica sembrava giunta a un capolinea con il cartello stop! Oltre le stringhe non si poteva andare, ma le stringhe non erano nulla. Non restava, allora, che raccogliere i cocci e cercare per loro una sistemazione dignitosa all'interno di una fittizia teoria ultima.

Per questo ingrato compito si è scomodato, nel 1995, il matematico Ed Witten, che è considerato il principale artefice dello sviluppo della teoria delle stringhe. Scrive Susskind: "Aveva scoperto che tutte le cinque versioni della teoria delle stringhe erano in realtà diverse soluzioni di un'unica teoria, non teorie distinte dunque ma soluzioni distinte. In effetti appartenevano tutte a una famiglia contenente un ulteriore membro che Witten chiamò teoria M. Inoltre le sei teorie corrispondono a qualche valore estremo dei moduli, a qualche angolo limite del Paesaggio. Come nell'esempio del campo magnetico, anche i moduli si possono variare con continuità così da trasformare una teoria in qualunque altra. "Una teoria, tante soluzioni" divenne il nostro motto guida".

Però, aggiunge Susskind, nessuno sa che cosa avesse in mente Witten con la M della teoria. Inoltre, la teoria ha una dimensione in più (10+1), ma, soprattutto, non riguarda più le stringhe ma delle "membrane", ossia "superfici di energia bidimensionale che assomigliano a fogli di gomma anziché a elastici unidimensionali". Se, prima, la matematica delle stringhe era un problema, ora quella delle membrane è ancora peggio: "La matematica delle membrane è orribilmente complicata, molto di più di quella delle stringhe. La teoria M era oscura e misteriosa quanto una qualunque delle varie teorie della gravità quantistica che avevano preceduto la teoria di stringa. Sembrava che avessimo fatto un passo avanti e due indietro".

Nonostante ciò, Susskind può vantare il merito d'aver avuto la soddisfazione di annunciare assieme a tre colleghi e amici, al successivo congresso del 1996, d'aver svelato il segreto della teoria M, con la scoperta che gli elementi fondamentali di questa teoria non sono membrane ma oggetti più semplici, simili ai "partoni" di Feyman, chiamati quark da Murray Gell Mann: "questi nuovi costituenti avevavo la stupefacente (sic!) capacità di aggregarsi formando ogni sorta di oggetto". Lo stesso gravitone risulterebbe composto di molti partoni (sic!). Infine, le equazioni dettagliate di questa teoria sarebbero molto semplici. Insomma, la pretesa scoperta di Susskind e colleghi altro non era che un'altra teoria delle matrici. Così la teoria M diventava la "teoria M(atriciale)".

Infine, secondo il motto che tutto si può aggiustare per non scontentare nessuno, la teoria M, costituita di membrane, può essere collegata alla teoria delle stringhe, sostituendo membrane e stringhe con "nastri". Questo modello "a tutti gli effetti" è di tipo stringa e viene chiamato stringa di tipo IIa. Così Susskind può concludere: "Ecco il legame tra la teoria M e la teoria delle stringhe: le stringhe sono in realtà dei nastri o membrane molto strette che somigliano sempre più a stringhe sottili via via che si riduce la distanza percorribile in direzione y" (degli assi cartesiani). Però, deve aggiungere che persino gli addetti ai lavori avrebbero le idee confuse tra la teoria delle stringhe e la teoria M, e aggiunge: "mia convinzione personale è di chiamare Teoria Delle Stringhe tutto ciò che è derivato dalla teoria delle stringhe originale, compresa quella che viene oggi chiamata teoria M. Uso il termine Teoria M quando voglio porre l'accento sulla peculiarità delle undici dimensione della teoria": 10+1, appunto.
                     

IV] DALLA TEORIA M ALLE BRANE E AL PAESAGGIO COSMICO. CONCLUSIONI

"In un mondo con tre dimensioni spaziali -scrive Susskind- ci sono tre tipi di oggetti che i teorici delle stringhe chiamano Brane. Il più semplice è una particella puntiforme". Segue poi una specie di grammatica delle brane e una matematica astratta della relatività generale supersimmetrica sulle quali, per fortuna, l'autore sorvola, ricordando soltanto "che la supergravità endecadimensionale (a 10+1 dimensioni) è una teoria di membrane a 5-brane che interagiscono gravitazionalmente scambiandosi reciprocamente gravitoni".

I matematici fisici, così presi dalle proprie elucubrazioni ai limiti delle più assurde astrazioni, tipiche della matematica pura, non si rendono conto di finire nel ridicolo più assurdo, come nella favola del re nudo, quando arrivano a delle conclusioni che presuppongono una qualche realtà fisica. Il brano che segue è esemplare da questo punto di vista.

Scrive Susskind: "Immaginiamo ora che lo spazio abbia un numero di dimensioni maggiori delle solite tre. In modo del tutto analogo a quanto abbiamo visto finora, sarebbe possibile tendere attraverso lo spazio una D-brana, sulla quale tutto potrebbe restare come nel mondo che conosciamo -a parte la gravità che sarebbe completamente sballata. La legge di gravitazione universale, infatti, rispecchierebbe il fatto che il gravitone può muoversi in un numero maggiore di dimensioni aggiuntive, e il risultato sarebbe disastroso (!) [ma è già disastrosa la teoria che presuppone la particella gravitone!]. La forza di gravità sarebbe molto più debole, e avrebbe difficoltà a tenere insieme galassie, stelle e pianeti; anche se riuscisse in qualche modo a tenere insieme la nostra terra, non riuscirebbe a tenerci incollati alla sua superficie".

L'ingenuità di certe riflessioni "pratiche" dei fisici teorici matematici meriterebbe una buona dose di cinica ironia: così l'idea che una teoria non riesca a tenerci incollati alla superficie terrestre non dovrebbe preoccuparci quanto l'idea pratica della morte provocata da una caduta nel vuoto. Ma perché sprecare parole e immaginare conseguenze drammatiche per qualcosa che non esiste, che se mai fosse esistito non saremmo qui a parlarne, e per la semplice ragione che né la specie umana, né la vita in genere, sarebbero potute sorgere? I geni della matematica-fisica sono troppo spesso così autistici che quando divulgano le loro astruse teorie non sanno più quel che dicono, come qui di seguito: "Prendiamo le dimensioni aggiuntive, quelle che noi non possiamo esplorare, ma il gravitone sì, e arrotoliamole in uno spazio compatto di diametro microscopico. Le tre dimensioni della nostra esperienza quotidiana formano una stanza infinita, ma le altre direzioni hanno pareti, soffitti e pavimenti, in cui i punti si trovano uno di fronte all'altro vengon fatti coincidere".

Ecco come si crede di intuire qualcosa fingendo un metodo induttivo senza alcun fondamento reale, ma solo ex suppositione (metodo non a caso iniziato dal mistico Maxwell, e sviluppato soprattutto dall'autistico Einstein). Con questo metodo è facile arrivare al seguente genere di conclusioni che si autosostengono, come qui di seguito: "Una D3-brana nello spazio a nove dimensioni della teoria delle stringhe sarebbe molto simile al nostro, se le sei dimensioni aggiuntive fossero strettamente arrotolate su se stesse". Certamente, se prima ammetti 9 dimensioni con le quali non puoi fare proprio niente, ma con un atto di magìa ne fai scomparire 6 "arrotolandole", certamente ritorni ad avere solo 3 dimensioni spaziali effettive. Dunque, se potessero sparire realmente le sei dimensioni ipotizzate in un'unica dimensione microscopica, il mondo delle stringhe non differirebbe dal nostro mondo, proprio come il nostro mondo non differirebbe dal paradiso terrestre, se tutti i mali del mondo fossero arrotolati strettamente in dimensioni microscopiche risultando invisibili.

Occorre aggiungere un altro aspetto in genere poco considerato nella teoria della conoscenza e nella storia delle scienze: si tratta del pluralismo che ha preteso l'asservimento anche della matematica-fisica, fino ad arrivare a imporgli un "Paesaggio" estremamente vario. "Che cosa rende il Paesaggio della teoria delle stringhe così ricco e multiforme? -si chiede Susskind- La risposta ha che fare con l'enorme complessità delle minuscole geometrie arrotolate (sic!) su se stesse che nascondono [nota bene!] le sei o sette dimensioni supplementari dello spazio".

Dice l'autore che il termine "paesaggio" è stato preso a prestito dalla fisica e dalla chimica delle macromolecole che lo usano per descrivere le molte possibili configurazioni delle macromolecole: "i biochimici e i biofisici che vogliono capire come si ripiegano e si distendono le proteine ragionamo in termini di paesaggio molecolare". E così la "più fondamentale delle scienze", la matematica fisica, ha avuto bisogno di rivolgersi alla biochimica e alla biofisica delle proteine per venir fuori dalle sue pastoie? Questo sì che è notevole! Non solo, ma la matematica fisica pura cerca scampo anche presso gli sperimentali confidando su LHC del CERN di Ginevra, "concepito in origine per dare la caccia al bosone di Higgs"... "macchina ideale per scoprire (anche) i compagni supersimmetrici delle particelle elementari".

Concludiamo con l'"EPILOGO" del libro di Susskind: "Il Modello Standard è talmente complicato -con i suoi trenta parametri apparentemente indipendenti, la sua inspiegata replicazione delle famiglie di particelle, e forze la cui intensità varia a seconda dei casi- che la sua versione in teoria delle stringhe avrà sicuramente la complicazione e la ridondanza degna del miglior Rube Goldeberg.

Per il mio gusto personale, l'eleganza e la semplicità si possono trovare talvolta in princìpi che non si prestano a essere espressi in equazioni. Non conosco alcuna equazione più elegante dei due princìpi alla base della teoria di Darwin: la mutazione casuale e la competizione. Questo libro parla di un principio organizzatore che è anche più semplice (sic!). Penso che meriti di essere chiamato elegante, ma, ripeto, non so trovare un'equazione che lo descriva, solo uno slogan: "Un paesaggio di possibilità popolato da un megaverso di realtà locali"."

Il paesaggio è solo un elenco di tutte le configurazioni possibili di un ipotetico universo, chiarisce Susskind, sottolineando che "Gli universi-bolla che lo popolano sono luoghi realmente esistenti, non possibilità ipotetiche". Possiamo quindi concludere che l'autore, nonostante un'impostazione da matematico puro, con la testa piena di modelli convenzionali e fittizi, ha dovuto, infine, ammettere l'esistenza della realtà dei molti mondi (universi) possibili, del quale il nostro è soltanto uno dei tanti. E, con questa realtà ha dovuto ammettere anche il Caso senza però essere consapevole della Necessità ad esso dialetticamente connessa.                 






 





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