domenica 27 maggio 2018

Puoi fidarti del tuo cervello riguardo alla memoria?

Alcune considerazioni tratte da "IL TUO CERVELLO Istruzioni per l'uso e la manutenzione" (2008) di Sandra Aamodt e Sam Wang: "Il tuo  cervello ti dice un sacco di bugie". Come sembrerebbe confermare l'inaffidabilità dei testimoni (e gli avvocati ne approfittano). Il lato destro del cervello vuole solo i fatti, il sinistro, invece, interpreta... Poiché gli autori, fin dall'inizio, sembrano procedere più per stupire che per chiarire, eviteremo questa prima parte per concentrarci su un argomento che interessa personalmente anche l'autore del blog: si tratta dell'invecchiamento del cervello e del calo della memoria.

 "Cominciamo dalle cattive notizie: anche lasciando da parte le malattie dell'età avanzata, come la demenza, con ogni probabilità invecchiando le prestazioni del cervello peggiorano. I problemi sono grosso modo di due tipi. Quello che tutti conoscono riguarda la memoria: può diventare più difficile di prima ricordarsi dove si sono messe le chiavi della macchina. E' una facoltà che in media comincia a deteriorarsi tra i trenta e i quaranta anni e invecchiando continua a declinare. L'orientamento spaziale si basa su una parte del cervello interessata alla memoria, l'ippocampo, e in molti animali, compreso l'uomo, diminuisce con l'età".

"L'altro ordine di problemi su un dato compito nonostante le distrazioni è quello che gli studiosi chiamano "funzione esecutiva", ovvero l'insieme di abilità che consente di scegliere il comportamento adeguato a una situazione, di inibire un comportamento inopportuno e di concentrarsi su un dato compito nonostante le distrazioni. I problemi della funzione esecutiva cominciano più tardi, per la maggior parte delle persone dopo i settant'anni, e includono il deterioramento di funzioni fondamentali come la velocità di elaborazione, la velocità di reazione e la memoria operativa, cioè quella memoria che ci consente di ricordare i numeri di telefono per il tempo necessario a digitarli".

Importante, soprattutto per chi come l'autore di questo blog ha superato i 70 anni, è la perdita della memoria con l'età:  "Il calo della memoria e della funzione esecutiva quando si invecchia è dovuto a precisi cambiamenti nella struttura e nella funzionalità del cervello: con l'età l'ippocampo rimpicciolisce, e la perdita della memoria è dovuta alla diminuzione delle sue dimensioni; inoltre, anche la corteccia prefrontale, importante per il funzionamento della memoria e della funzione esecutiva, si riduce con l'età". Sono i neuroni che con l'età diventati più piccoli, ecc. ecc.

"Invece altre funzioni cerebrali non sono molto influenzate dall'età: la conoscenza e la comprensione della lingua parlate si mantengono, anzi talvolta invecchiando migliorano addirittura; un altro settore che tende a essere risparmiato dall'invecchiamento è il patrimonio lessicale, e di norma le competenze professionali resistono, soprattutto se si continua a praticarle. Si tratta dello stesso motivo per cui chi fa esercizio fisico con regolarità ha maggiori probabilità di mantenersi in forma, quindi sembra comprovato che chi ha competenze specifiche elabora nuove strategie per svolgere le mansioni abituali così da compensare il declino cognitivo dovuto all'età. In generale tutte le cose studiate a fondo in gioventù molto probabilmente non saranno troppo intaccate dall'invecchiamento".

Queste considerazioni le trovo confermate dall'esperienza personale.  Il mio massimo sforzo di apprendimento ha prodotto 4 volumi di Teoria della conoscenzaFisicaBiologia e, infine, di Storia. Sono stati studi molto complessi ai quali ho dedicato ben 25 anni, dal 1985 al 2010, senza interruzioni. E continuati fino ad oggi perché occupato a pubblicare l'intera opera in un blog iniziato nel 2010. Nel complesso tutto questo lavoro di studio ha riguardato i miei seguenti anni: 42-67 e 68-75. 

Nel frattempo, però, che cosa ho verificato, riguardo al mio cervello, soprattutto negli ultimi anni? Ho verificato una riduzione della memoria a breve se paragonata, per esempio, a quando ho imparato a usare il computer nel 2010 all'età di 67 anni. Considerando, inoltre, vicende personali critiche, compresa la salute, e la conseguente riduzione del lavoro quotidiano di studio, il risultato è stato un aumento dello stress e la diminuzione della memoria a breve.

Ma vediamo, rapidamente, qualche capitolo di questo libro; Quello sulla Felicità mi ha fatto sorridere mestamente. Ma chi può essere felice in questo mondo dopo aver seguìto, ad esempio, un telegiornale? E magari all'età di 75 anni con problemi personali d'ogni genere, compresi quelli economici, affettivi e di salute?

Ma passiamo al capitolo XXII  "L'intelligenza (e la sua mancanza)": "Talvolta quando si parla di intelligenza la gente si innervosisce e si mette sulla difensiva, ma ciò accade soprattutto perché la questione viene posta in modo sbagliato." Qui si parla, soprattutto, di "Intelligenza fluida" come la chiamano gli psicologi. Riporto questo brano: "L'intelligenza fluida è in stretto rapporto con la memoria di lavoro, la capacità di ricordare temporaneamente un'informazione. La memoria di lavoro può eseguire compiti semplici, come ricordare il numero civico di un edificio mentre vai a piedi dalla tua automobile a dove c'è una festa, o compiti più complessi, come tenere a mente le soluzioni già provate per un problema logico mentre si prova a escogitare nuove risposte possibili. Chi ha una buona intelligenza fluida resiste alle distrazioni, nel senso che, quando per un momento volge la sua attenzione a qualcos'altro, tende a non dimenticarsi a che punto è in quello che sta facendo". Per la mia vecchiaia questo passaggio, talvolta, è faticoso: richiede una perdita di tempo per il recupero delle dimenticanze.

"Come abbiamo detto, le interazioni di geni e ambiente possono essere alquanto complicate: l'influenza genetica sull'intelligenza aumenta con l'età, forse perché invecchiando si cercano ambienti adatti alle proprie predisposizioni genetiche. Per esempio le persone molto intelligenti di solito sono attratte da professioni che richiedono di esercitare in modo regolare le proprie capacità logiche, e questo contribuisce a mantenerle efficienti".

Riguardo al recupero della memoria

Indipendentemente dai casi che riguardano la giurisprudenza, quello che qui viene detto non è interessante per la teoria. C'è però una questione che spero non mi riguarderà mai: l'incapacità di ricordare un fatto solo pochi minuti dopo che è accaduto. "Cosa che può capitare a chi sopravvive a un ictus cerebrale che abbia danneggiato le strutture temporali del cervello, incluso l'ippocampo". Invece, in maniera più lieve, quella dimenticanza può capitare a chi  passa da un argomento all'altro, da un'attività all'altra, come nel mio caso.

E passiamo al capitolo più rilevante, quello indicato dal titolo: "Ti rendi conto? Lo studio della coscienza". Qui possiamo leggere: "Il concetto di libero arbitrio presenta un apparente paradosso per chiunque si interessi della filosofia relativa al funzionamento del cervello. Da una parte, l'esperienza quotidiana, i desideri, i pensieri, le emozioni e le reazioni sono tutti generati dall'attività fisica del cervello; ma è anche vero che i neuroni e le cellule gliali producono mutamenti chimici, che provocano impulsi elettrici e la comunicazione tra le cellule. Da ciò si deduce che tutti i pensieri e le azioni sono governati da leggi fisiche e chimiche, e con questa tesi noi concordiamo appieno. Tuttavia ogni giorno facciamo delle scelte e influiamo sul mondo che ci circonda. Come possono conciliarsi queste due realtà?"

"Certo che è il nostro cervello a determinare chi siamo". Ma, nel momento in cui viene guastato da avvenimenti concreti, esso "determinerà" la nostra inevitabile deficienza. "E' innegabile che un danno al cervello può provocare modifiche nel comportamento". Alt! Un danno al cervello provocato, ad esempio, da un macchinario (o da qualsasi altro corpo contundente) che colpisca la testa produrrà senz'altro danni per i quali esso non funzionerà più come prima... Ma anche qualsiasi altra esperienza traumatica, non necessariamente fisica, può avere come conseguenza un danno al comportamento "psichico" dell'individuo.

Dedurre da ciò che è il nostro cervello a determinare chi siamo è una banalità determinista. Se mai potremmo dire che è il caso, qualunque caso che produca qualsiasi conseguenza sul nostro cervello, a produrre chi siamo. E' un errore, invece, appellarsi al libero arbitrio. "Il libero arbitrio è un concetto utilizzato per descrivere le azioni di una persona nel pieno delle sue capacità". Ma chi può dire di trovarsi sempre nella condizione di libero arbitrio, nel pieno delle sue capacità? Quando, per esempio, nel pieno delle proprie capacità, si può ricevere una randellata in testa? (Randellata non solo fisica, ma anche morale, psicologica, sentimentale, ecc.)

Gli autori, arrivati a questo punto, ammettono di non poter prevedere il comportamento umano cosciente e quando tentano di farlo arrivano a risultati risibili. E, comunque, vale la pena di riportare la parte finale del capitolo XXVI, dove si dice d'aver scoperto qualcosa che "contraddice la nostra comune idea di libero arbitrio. La decisione conscia di compiere un'azione, che noi associamo al libero arbitrio, arriva soltanto quando l'impulso ad agire è già partito dal cervello. Nell'esperimento l'unica manifestazione di consapevolezza cosciente prima del gesto si verificava quando veniva chiesto ai soggetti di interrompere un movimento già avviato da altre parti del cervello. In un certo senso non siamo dotati di libero arbitrio, ma di libertà di veto, libertà di non fare".

"Ma a quanto pare la consapevolezza di voler compiere un'azione talvolta sorge quando la decisione è ormai presa. In conclusione, è il cervello a provocare le nostre azioni, ma parte del processo decisionale finisce prima che noi siamo in condizioni di riferirlo. In questo senso siamo gente che non chiacchiera, ma agisce". In altre parole si agisce prima di pensare e di parlare?

Con le Teorie del sonno arriviamo alla fine del libro. "La maggior parte delle teorie del sonno sostiene che esso è importante per il cervello"... Il sonno REM (rapidi movimenti oculari) e il sonno non RM... Dormire consolida i ricordi... ecc. ecc. Sono argomenti che possiamo tranquillamente tralasciare, a parte la pagina 257 riguardo ai consigli pratici sull'argomento ictus. Primi sintomi. Che fare? Se si avverte un'improvvisa perdita di sensibilità o di mobilità in una zona particolare del corpo, potrebbe essere un ictus. Si potrebbe anche non riuscire a parlare e a capire quello che ti dicono. In questi casi urge l'autombulanza. E non c'è altro da aggiungere, se non che, prima o poi, la vita individuale si chiude, definitivamente, con la morte, innanzi tutto, del cervello.





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