lunedì 2 ottobre 2017

8] L'entropia impone alla natura l'involuzione dall'ordine al disordine

E' destino del pensiero metafisico interpretare il mondo mediante teorie diametralmente opposte. Così, le opposte concezioni, il determinismo e l'indeterminismo, l'uno fondato sulla necessità e l'altro fondato sul caso, hanno concepito uno svolgimento lineare che privilegia, rispettivamente, l'ordine (la necessità) e il disordine (il caso).

Riguardo al cosmo si sono avvicendate, però, due concezioni che sembrano, a prima vista, non seguire il passaggio o dall'ordine all'ordine o dal disordine al disordine. Il motivo è che se si concepisce uno svolgimento dei processi naturali e sociali che degrada verso il disordine, come fa la termodinamica, si è costretti a immaginare un inizio ordinato. All'opposto, se si concepisce uno svolgimento di quei processi che progrediscono sempre più verso la necessità e l'ordine, come hanno fatto i deterministi dei secoli passati, è inevitabile pensare a un inizio caotico e disordinato.

Ma questo apparente passaggio dell'ordine al disordine o, viceversa, dal disordine all'ordine, è fittizio, perché rappresenta soltanto una faccenda iniziale. Infatti, per gli indeterministi termodinamici, l'ordine iniziale viene meno di colpo perché sostituito da un continuo aumento del disordine; viceversa, per i deterministi, il disordine iniziale viene subito sostituito da un ordine crescente che realizza un progressivo aumento dell'ordine grazie alla connessione di causa ed effetto.

In sostanza, si tratta di due opposte concezioni che privilegiano, l'una il disordine, l'altra l'ordine. Nei tempi nostri queste opposte concezioni sembrano essersi divise i compiti: ad esempio, la prima domina la sfera termodinamica (entropia), la seconda domina la sfera biochimica (il codice genetico). Per la prima concezione, la seconda legge della termodinamica o legge dell'entropia "sostiene che ogni cosa nell'universo intero ha inizio con una struttura e un valore e si sta inarrestabilmente trasformando verso una situazione di disordine e disorganizzazione. L'entropia è una misura del grado con cui l'energia disponibile in un qualsiasi sottosistema dell'universo viene trasformata in una forma non più disponibile".*

Chi prende sul serio la tendenza espressa dalla legge dell'entropia non può evitare una visione pessimistica del mondo. Quindi, non dobbiamo stupirci se l'economista Rifkin sostiene che "la stessa inesorabile forza di disintegrazione sta divorando tutti noi", e che tutti siamo "coinvolti nell'attuale concezione del mondo, una concezione malata e morente che sta contaminando tutto quanto ha prodotto".

Poiché la concezione entropica mette al primo posto il dispendio di energia e non vede altro che la dissipazione di questa energia, è più che ovvia la preoccupazione espressa dagli entropisti, anche se talvolta in una maniera così eccessiva da rischiare il ridicolo, come qui di seguito: "Ad ogni risveglio troviamo un mondo che sembra ancor più confuso e disordinato di quello che abbiamo lasciato la sera precedente".

Considerando che Rifkin è tra quelli che fanno di questa legge, della dissipazione mortifera, una legge universale che dovrebbe spiegare tutto -dagli sviluppi istituzionali alla crisi energetica, ai combustibili sintetici, al sistema  scolastico e sanitario, allo sviluppo del terzo mondo, alla seconda riforma cristiana (sic!), per citare soltanto alcuni dei titoli delle decine di argomenti trattati nel suo libro, è necessario individiduare il suo errore fondamentale.

Partiamo dall'evoluzione della materia. Nonostante il grande dispendio necessario all'evoluzione, non dobbiamo mai dimenticare che la formazione delle masse cosmiche, o concentrati di energia, ha permesso il sorgere di galassie di stelle che rappresentano energia disponibile per la lunga e lenta evoluzione delle più diverse forme materiali, fino all'uomo cosciente. Quando si considera la tendenza evolutiva dell'universo, occorre tener conto del grande dispendio di energia, ma proprio perché esso è necessario alla creazione delle forme materiali che rappresentano il prodotto reale e duraturo dell'evoluzione. Se si chiudono gli occhi di fronte al risultato positivo dell'evoluzione naturale, resta solo la visione negativa dell'enorme spreco.

Ma vedere nella dissipazione di una parte dell'energia, sia pure prevalente, la tendenza dei processi naturali verso il disordine, è lo stesso che vedere la produzione umana dal punto di vista dei rifiuti e dell'inquinamento. Ed è proprio questo l'errore di Rifkin: credere che la natura produca solo rifiuti e inquinamento; e così la dissipazione di energia è considerata alla stregua dei rifiuti del combustibile usato nella produzione industriale.

Qui l'errore è duplice. In primo luogo, riguardo all'uomo: la produzione industriale ha per obiettivo la modificazione dei prodotti naturali per ottenere prodotti utili per la società umana. Perciò, l'inquinamento è soltanto un sottoprodotto della produzione, criticabile fin che si vuole, ma non per questo da considerare come il risultato principale della produzione stessa. In secondo luogo, riguardo alla natura: la produzione naturale ha bisogno di un grande dispendio di energia e di materia necessari all'evoluzione naturale. Il dispendio rappresenta la cieca necessità dell'evoluzione naturale che permette una grande varietà di forme materiali inorganiche e organiche, senza alcuna predeterminazione, senza alcuna consapevolezza.

Ma se l'universo evolve sulla base di un grande dispendio è perché l'energia-materia originaria è incommensurabile. Perciò, nonostante il dispendio, rimane energia sufficiente per un numero grandioso di Galassie, ossia per le enormi "officine" della lunga e lenta evoluzione cosmica. Tutto ciò ridicolizza ogni idea di poter concepire il "quotidiano" manifestarsi dell'entropia. Perciò la cecità "entropica", riguardo all'evoluzione della materia nel cosmo, ha dell'incredibile.

Il massimo che Rifkin sia in grado di dire a questo proposito lo vediamo nelle seguenti scarse righe: "Ogni volta che accade qualcosa nel mondo naturale (sic!), una certa quantità di energia si esaurisce e non è più disponibile per produrre lavoro". Egli non si preoccupa affatto di sapere quello che accade nel mondo naturale, perché vede soltanto la dissipazione di energia, e solo questa è degna della sua attenzione e considerazione: "Questa energia non disponibile è ciò che generalmente si chiama inquinamento. Molti pensano che l'inquinamento sia un sottoprodotto dei processi produttivi. In effetti, l'inquinamento è la somma totale di tutta l'energia disponibile nel mondo che è stata trasformata in energia non disponibile. I rifiuti, quindi, sono energia dissipata".

Accecato dall'entropia, Rifkin confonde l'universo con la terra -chiamando "mondo" l'uno e l'altra- e immaginando una dissipazione naturale di energia alla stregua dei rifiuti energetici della produzione umana. L'energia dissipata apparterrebbe, quindi, alla categoria dei rifiuti. Il guaio è che, mentre Rifkin sa bene dove vanno a finire i rifiuti inquinanti della produzione umana, né lui nè alcun termodinamico sa dove vada a finire l'enorme quantità di energia dissipata nel cosmo.

La metafora dell'inquinamento, o meglio, del sottoprodotto della produzione può essere un valido aiuto per comprendere l'evoluzione della materia, ma solo nel senso che essa presuppone una produzione naturale delle forme materiali a partire dall'energia primordiale. Ma le metafore hanno dei limiti che non si possono superare senza snaturare i fenomeni che si vogliono rappresentare. In questo caso, la dissipazione di energia non può essere considerata soltanto come rifiuto di produzione. In primo luogo, perché essa si trasforma in qualcosa che alla fine del ciclo dell'universo si deve riconvertire in energia di nuovo utilizzabile. In secondo luogo, perché, questa dissipazione, che deve essere concepita come grande dispendio, è il fondamento stesso della produzione naturale: essa rappresenta la specificità del modo di produzione della natura.

Diversamente dalle officine dell'uomo, -nelle quali i macchinari, le materia prime, i combustibili, ecc. sono oggetti distinti che vengono posti in connessione secondo modalità razionali ed economiche, e messi in opera dal lavoro umano-, in natura la produzione delle forme materiali avviene soltanto mediante l'autovimento della materia, ossia mediante l'energia complessiva ereditata dal big bang, energia che rappresenta un tutto caotico. La materia in movimento, inizialmente informe, o pura energia, si "organizza" in forme materiali soltanto con grande dispendio di se stessa o, che è la stessa cosa, con una considerevole diminuzione del proprio movimento. Perciò, come abbiamo già visto, tutto si riduce alla seguente questione: chi restituisce e quando il movimento perduto che noi interpretiamo come dissipazione di energia, e che i termodinamici vedono soltanto come aumento di entropia?

Affermazioni come la seguente: "Ogni qualvolta si accende una sigaretta , l'energia disponibile nel mondo diminuisce" sono risibili, in quanto persino la dissipazione conseguente il collasso di una stella e la sua traformazione in "buco nero", rappresenta un'inezia se confrontata con l'enorme dissipazione di energia primordiale del nostro universo. La moda entropica, ecologista impone una concezione dell'universo come spazio inquinato, e immagina che l'uomo, posto in una minuscola particella del cosmo, possa, persino, dare un significativo contributo all'inquinamento universale. Questa, a dir poco, stravagante visione considera come un'inezia ininfluente la differenza che passa tra l'incommensurabile dispendio di energia nel cosmo, che ha permesso la formazione di galassie, e il minuscolo dispendio di energia tipico della produzione umana la quale, tra l'altro, produce anche inquinamento.

E ancora, poiché la concezione entropica vede soltanto la dissipazione e non l'evoluzione della materia, essa non si rende conto del fatto che, se realmente si trattasse solo di dissipazione, allora l'energia primordiale non potrebbe fare altro che consumarsi a ritmi talmente rapidi da esaurirsi in breve tempo, e dopo più nulla! In tal caso non esisterebbe nessun ciclo universale evolutivo e noi non saremmo qui a parlare di entropia.

Ma il movimento reale della materia  produce le più diverse forme materiali, con grande dispendio di energia o riduzione del movimento stesso della materia. Questa riduzione, in un lontano futuro, raggiungerà un limite nel quale l'iniziale spinta repulsiva, che ancora oggi mantiene le galassie in espansione, si rovescerà nel suo opposto, nella prevalente attrazione gravitazionale, la quale comporterà la contrazione dell'intero universo. In quel determinato momento, la materia avrà nel suo complesso una forma completamente opposta a quella primordiale: se all'origine del ciclo prevale la repulsione, nel momento in cui inizia la contrazione dell'universo prevale l'attrazione; se all'inizio dell'evoluzione della materia è il caos a prevalere, nel momento dell'involuzione chi domina è l'ordine, l'ordine più semplice contrassegnato dal predominio dell'attrazione gravitazionale.

Ebbene, la concezione entropica rappresenta il più completo capovolgimento della realtà naturale: essa interpretra il movimento della materia ponendo necessità e ordine là dove c'è caos e disordine, e viceversa. Basta leggere ciò che scrive Rifkin, genuino rappresentante di questa concezione: "La legge dell'entropia sostiene che tutta (sic!) l'energia di un sistema isolato passa da uno stato ordinato a uno stato disordinato. Lo stato di entropia minima, in cui la concentrazione è altissima e l'energia disponibile è massima, è anche lo stato più ordinato. Invece, lo stato di entropia massima, in cui l'energia disponibile è stata completamente dissipata e diffusa, è anche lo stato di maggior disordine".

Per gli entropisti conseguenti non c'è scampo: tutta l'energia si dissipa, l'universo intero va verso un sempre maggior degrado e disordine, l'evoluzione è solo un'inezia e ciò perché l'entropia lo stabilisce come principio assoluto! Se è vero che tutto ciò che nasce  è degno di perire, e questa sarà anche la sorte dell'attuale universo, è però indegno della teoria della conoscenza concepire l'evoluzione della materia come involuzione e degrado dall'inizio alla fine.

Una simile concezione non può, quindi, concepire alcun processo che abbia un'origine e uno sviluppo, sia esso il processo di produzione delle forme materiali naturali, sia esso il processo di produzione delle forma materiali artificiali. Essa è troppo occupata a vedere la disipazione di energia come  degrado per poter vedere l'evoluzione. Ma il paradosso, qui, consiste in ciò che, vedendo il degrado sempre e ovunque, la concezione dell'entropia non è assolutamente in grado di vedere la  reale involuzione che, prima o poi, si verifica in ogni processo naturale, ciclo universale compreso.


*Tratto da "La dialettica caso-necessità in fisica" Volume secondo (2003-2012)



** J. Rifkin "Entropia. La fondamentale legge della natura da cui dipende la qualità della vita" (1982)

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