giovedì 5 ottobre 2017

9] La discutibile metafora della "freccia del tempo"

L'astrofisico D. Layzer, in un suo articolo "La freccia del tempo" (1976), dopo aver accennato all'evoluzione della materia, scrive: "Tutti questi processi hanno qualcosa in comune: generano ordine, ossia informazione, trasformano uno stato semplice in uno più complesso. Per usare un'espressione di Sir Arthur Eddington, indicano in che direzione è orientata la "freccia del tempo", definiscono quella che chiamerò la freccia "storica" del tempo. Paradossalmente è possibile definire la direzione del tempo anche per mezzo di una classe completamente opposta di processi: quelli che distruggono l'informazione e generano disordine".

Come esempio di processo di secondo tipo Layzer cita il dissolversi della zolletta di zucchero in una tazza di tè caldo, e conclude: "I processi irreversibili che distruggono l'informazione macroscopica (nel nostro esempio la diffusione molecolare, la viscosità e la conduzione del calore) sono manifestazioni del secondo principio della termodinamica. Questo principio stabilisce che tutti i processi naturali generano entropia, essendo l'entropia una misura del disordine. La distruzione irreversibile dell'ordine macroscopico  definisce quella che chiamerò freccia "termodinamica" del tempo".

Se i due tipi di processi sono diametralmente opposti, in relazione al concetto di ordine e di informazione, allora tempo storico e tempo termodinamico dovrebbero essere, nella concezione di Layzer, opposti diametrali. In realtà, essi  vanno nella stessa direzione e indicano l'irreversibilità dei processi sia storici che termodinamici. Per quale ragione, allora, distinguere due opposti tipi di processi che seguono due tempi diversi pur nella stessa direzione irreversibile? I concetti di tempo storico e di tempo termodinamico servono a Layzer per mascherare il circolo vizioso secondo il quale, definita l'entropia come misura del disordine, rimane inspiegabile il fatto che la maggior parte dei processi irreversibili della natura si sviluppino nella direzione dell'ordine e della complessità.

Per smascherare questa impostazione, occorre fare alcune precisazioni: innanzi tutto, la "freccia termodinamica del tempo" può essere riferita a processi, come la conduzione del calore, che indicano la dissipazione di energia, misurata dall'entropia. Per la termodinamica, che indaga soltanto questo tipo di  processi, l'irreversibilità, il disordine, l'entropia sono praticamente sinonimi. Perciò, essa è miope: crede di vedere l'entropia come passaggio dall'ordine al disordine, e non vede che essa maschera la dissipazione del calore, residuo dei processi evolutivi della materia. Sono stati gli altri rami della fisica  a sollevare  la contraddizione: se voi termodinamici avete stabilito la direzione dall'ordine al disordine, l'evoluzione reale della materia procede, invece, dal disordine all'ordine. Questo apparente circolo vizioso, che deriva in realtà da un errore della termodinamica, come abbiamo tentato di dimostrare, ha confuso le menti di intere generazioni di scienziati.

Non si è riflettuto sul fatto che la termodinamica non indaga i processi evolutivi della materia, ma le scorie di questi processi. L'evoluzione delle più diverse forme materiali richiede dispendio di energia, ovvero dissipazione di calore, come residuo del modo di produzione naturale. Quindi, i processi per i quali varrebbe, secondo Layzer, la freccia termodinamica del tempo non indicano altro che il dispendio dell'energia originaria. Allora, il tempo termodinamico può solo indicare il tempo limitato della espansione dell'Universo, il tempo limitato  del prevalere dell'energia attiva, tempo durante il quale -vien detto- cresce l'entropia, ovvero cresce la quantità di energia dissipata nella forma di calore.

Allora, distinguere tra un preteso disordine relativo ai processi dissipativi e il reale ordine prodotto dai processi evolutivi della materia rappresenta la solita vecchia operazione metafisica, ossia il tentativo di aggiustare ciò che non si comprende: ovvero che l'evoluzione della materia segue la dialettica caso-necessità, disordine-ordine. L'elaborazione di Layzer rappresenta uno di questi tentativi. Ad esempio, sulla distinzione dei due livelli: microscopico e macroscopico, egli sostiene: "A livello microscopico non si osserva né la freccia storica né quella termodinamica. Il moto di una singola molecola di zucchero o di tè non genera né informazione né entropia. Il concetto di "ordine" è di tipo macroscopico, è una proprietà dei sistemi costituiti da molte particelle, che non ha senso quando viene applicata ai singoli atomi e molecole. Nella fisica delle particelle il mondo cambia senza evolversi".

Ora, se è corretto affermare che l'ordine può riguardare soltanto sistemi costituiti da molte particelle, e non ha senso, invece, per le singole particelle, ciò non riguarda necessariamente il generico rapporto microscopico-macroscopico, riguarda il rapporto caso-necessità e il rapporto singolo-complesso. Da questo punto di vista, la materia complessivamente cambia, ossia evolve, anche a livello delle particelle, sia nel loro decadimento alla forma stabile di protone, sia nella successiva combinazione nelle forme degli atomi, degli elementi, ecc.

Ma Layzer, come la maggior parte degli scienziati contemporanei, non ha tempo da perdere con questioni teoriche: egli cerca un nuovo paradigma, una soluzione di piccolo cabotaggio, la soluzione di un rompicapo, e crede d'averla trovata proponendo un modello di Universo differente dal modello "accettato dalla maggior parte dei fisici". Modello che, a suo dire, risolverebbe la contraddizione tra freccia storica e freccia termodinamica del tempo. "Questa teoria -egli scrive- implica che il mondo sia in espansione nel tempo e contemporaneamente spiega come esso diventi a ogni istante più complesso e ricco di informazione". La generica, continua crescita di un'astratta complessità verrebbe dimostrata nientemeno che con un risibile esperimento ideale, costituito dal modello di espansione di un profumo in una scatola. In questo modo egli dimostrerebbe "che nel mondo reale l'informazione macroscopica si trasforma in informazione microscopica, ma l'informazione viene distrutta dalle perturbazioni casuali".

Con un linguaggio informazionale Layzer scopre l'uovo di Colombo, cioè scopre che a livello dei singoli elementi di un complesso vale solo il caso, e quindi non può esistere una determinazione necessaria. Ma, come i suoi predecessori, che avevano già scoperto il caso relativo ai singoli elementi di un complesso, senza per altro comprenderne la ragione dialettica, anche lui ha dovuto farsene una ragione, immaginando un preteso "principio cosmologico forte", ossia una nuova limitazione della conoscenza, un nuovo divieto paragonabile al principio di indeterminazione di Heisenberg. Grazie a questo principio egli può affermare che l'Universo non può essere descritto nei termini del meccanismo riduzionistico, perché "il suo stato microscopico (è) completamente indeterminato".

Con la sua locuzione maestosa Layzer ha fatto come tutti i cacciatori di formule magiche che dovrebbero spiegare tutto: non ha prodotto nulla. E' destino delle formule magiche di non poter spiegare niente, costringendo l'autore di turno a esprimersi in maniera molto generica e a concludere con una soluzione striminzita e unilaterale. Basta leggere, qui, il passo conclusivo: "Tuttavia, se la teoria che ho presentato è corretta, nemmeno il sommo calcolatore, l'universo (sic!), contiene informazioni sufficienti a specificare in modo completo il suoi stati futuri. Il presente contiene sempre un elemento di novità e il futuro non è mai del tutto predicibile. Poiché i processi biologici generano anch'essi informazione e la coscienza ci permette di di sperimentare direttamente questi processi, l'intuizione che il mondo sia qualcosa che si espande nel tempo coglie una delle caratteristiche più profonde  dell'universo (sic!)".

Ma per poter concludere con l'espansione continua dell'universo, Layzer ha dovuto dimenticare che l'espansione comporta un prezzo energetico: la dissipazione di energia. Questo è un errore che deriva dalla sua volontà di sbarazzarsi dell'ostacolo della riduzione del movimento di espansione. Per eliminare quest'ostacolo egli arriva persino a rifiutare  l'irreversibilità del tempo, limitandosi ad affermare: "non c'è niente che corrisponda al fluire, il passato e il futuro coesistono come termini uguali (sic!), come due semirette definite da un punto che divide una retta". E' solo con queste assurde premesse che egli può sostenere che il futuro rimane incerto, indefinibile. Se, invece, possiamo confidare sulla certezza dell'energia dissipata, che non può essere restituita durante l'espansione dell'Universo, allora possiamo essere certi che questa espansione continuerà a consumare energia, e che, di conseguenza, verrà il momento in cui tutta questa storia dovrà finire.

Riguardo, poi, al tempo, inteso come coesistenza di passato e futuro, nell'immagine di due semirette divise da un punto, possiamo apportare la seguente correzione. In primo luogo, la coesistenza del passato e del futuro è l'attimo fuggente: il presente. Quando parliamo di passato, parliamo di ciò che è stato. Quando parliamo di futuro, parliamo di ciò che sarà. Il futuro è, quindi, fuori dalla freccia del tempo, la cui coda rappresenta il passato, dall'origine dell'universo, e la cui punta rappresenta il presente. Il presente muove la punta della freccia: in questo modo raffiguriamo il fatto che il passato avanza nel futuro, mediato dal presente, Questo fluire del tempo può anche essere espresso con la metafora della "pelle di zigrino" di Balzac: la pelle di zigrino è il futuro che si riduce. Il fluire del tempo riduce l'estensione del futuro; e ciò vale non solo per l'esistenza di un organismo, ma anche per l'esistenza dell'universo intero.

Se vogliamo visualizzare l'evoluzione della materia (ovvero dell'Universo) nel cosmo con la metafora della freccia del tempo, possiamo così riassumere: la coda indica l'origine dell'universo, la retta indica l'estensione del passato, la punta indica il presente che avanza. Cresce l'asta della freccia e il passato guadagna terreno sul futuro, che non è infinito. Perché, se c'è stata un'origine col Big Bang, ci sarà anche una fine col Big Crunch. Ogni universo inizia con un'enorme, incommensurabile, energia attiva che esso consuma nella sua successiva espansione, misurabile in miliardi di anni. Alla fine, quando il passato avrà occupato tutta l'estensione disponibile per il suo futuro, l'universo collasserà e il ciclo si rinnoverà. La punta della freccia, per così dire, avrà toccato la sua coda.

Ma non possiamo visualizzare, con la metafora della freccia del tempo, l'involuzione dell'universo che sarà prodotta dalla prevalenza della gravitazione sulla repulsione originaria: il tempo non fluisce all'indietro, ma soprattutto non ha una direzione spaziale. Perciò, occorre sostituire la freccia del tempo con quella dello spazio: E' la direzione della espansione originaria che ad un certo punto inverte la sua direzione, costringendo la materia a tornare indietro in senso spaziale fino al collasso finale. Questa è l'ipotesi di un autodidatta.

Tratto da "La dialettica caso-necessità in fisica" (2003-2012) 

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