venerdì 9 giugno 2017

Responsabilità storiche. Riflessioni conclusive sulla 2° Guerra Mondiale

Quale reale significato può avere l'attribuzione di responsabilità personali per eventi storici come una guerra mondiale? L'unico concreto significato consiste nel fatto indubitabile che il "diritto del giudizio" appartiene al potere dominante del momento, che allontana da sè qualsiasi responsabilità per attribuirle tutte a chi è, nel frattempo, prigioniero e sottoposto al suo giudizio. Perciò i tribunali di Norimberga e di Tokio hanno semplicemente confermato questo significato: i vincitori di una guerra atroce hanno consacrato la sua storia come efferato delitto compiuto dai vinti

In una guerra ci sono sempre, di fatto, vincitori e vinti, ma quando i vinti compaiono in catene per essere giudicati, per quanti delitti abbiano commesso, sorge il sospetto che i vincitori non abbiano la coscienza del tutto a posto. Per usare una efficace terminologia marxiana, potremmo dire che se i tedeschi, con i loro campi di concentramento e con le loro camere a gas, hanno prodotto un "orrore senza fine", le tempeste di fuoco inglesi e le bombe atomiche americane hanno prodotto una "fine con orrore". Perciò, i giudici e gli imputati dei processi di Norimberga e Tokio qualcosa hanno avuto in comune: la produzione dell'orrore nelle due opposte manifestazioni. Così, i responsabili della "fine con orrore", in quanto vincitori, hanno potuto mettere sotto processo i responsabili dell'"orrore senza fine", in quanto vinti.

Ma vediamo la sostanza della 2° Guerra Mondiale, indipendentemente dalle forze armate e dalle armi che la scienza tecnologica ha permesso di mettere in campo. E' stata la cieca necessità dell'egemonia di potenza, nella fase dell'imperialismo, che ha prodotto due guerre mondiali in rapida successione, finché una potenza ha potuto imporre, finalmente, la propria egemonia mondiale. Detto, quindi, in modo semplice e chiaro,  la guerra, in quanto tale, ha trovato la sua unica giustificazione storica naturale nella cieca necessità dell'egemonia di potenza nel concerto degli Stati nazionali. Ne consegue che ciò che si può addebitare agli individui -e soltanto a quelli che riassumono in sè, in quanto governanti, le necessità strategiche dei singoli Stati- è la loro maggiore o minore capacità di interpretare queste necessità, tenendo presente i reali rapporti di forza.

Come abbiamo cercato di dimostrare in questo breve saggio, il primo che ha saputo realizzare la strategia più idonea agli interessi del proprio paese, riuscendo a consegnargli l'egemonia mondiale, è il bistrattato Roosevelt, il cui principale "merito", però, è stato di essersi ritrovato a capo di una nazione che aveva tutti i mezzi per divenire egemone! Il secondo, che è riuscito a interpretare la più riuscita delle strategie, facendo uscire il suo paese dall'isolamento e garantendogli una solida posizione, come secondo partner della vittoria, è il tanto bistrattato Stalin, il cui principale "merito" è stato quello di essersi ritrovato a capo di una nazione che aveva tutti i requisiti per favorire la vittoria americana e la conseguente egemonia mondiale USA.

Gli altri due protagonisti, su fronti opposti, Hitler e Churchill, si sono dovuti barcamenare, ma sempre nell'illusione di ottenere l'impossibile. Il loro "demerito" consiste nel fatto di essersi ritrovati a capo di paesi privi di una reale posizione strategica, perciò privi di quei mezzi che soli permettono di imporre un'autonoma strategia di potenza; e, sebbene gli storici siano stati facilitati dal comportamento dello stesso Hitler a trattarlo come un essere spregevole e diabolico, riguardo a Churchill lo hanno trattato come una brava persona, simpatica, con l'immancabile sigaro in bocca e il sorriso stampato in faccia, nonostante che, a guerra praticamente finita, si sia reso responsabile delle tragiche tempeste di fuoco sulla città tedesca di Dresda.

Ma il punto fondamentale è che gli storici dimenticano troppo spesso che la Seconda Guerra Mondiale è stata un risultato non voluto, indipendente dalla volontà dei protagonisti, nessuno dei quali avrebbe potuto neppure immaginare il futuro sterminio di massa, tanto è vero che la guerra era cominciata in sordina con l'invasione tedesca della Polonia e della Francia, con forze in campo per nulla comparabili con quelle della Prima Guerra Mondiale.

Il paradosso è che, all'epoca dell'inizio della guerra, Hitler riteneva che i popoli degli Stati europei, Germania compresa, non fossero disposti a sacrificarsi in guerre sanguinose e di lunga durata, avendo raggiunto, dopo la Grande crisi del '29, un livello di benessere irrinunciabile. Anzi pensava che, soprattutto, le democrazie anglosassoni fossero troppo rammollite dal benessere per poter sostenere l'onere di guerre eccessivamente gravose. Per questo motivo egli cercò, in tutti i modi, di persuadere l'Inghilterra ad accettare un condominio egemonico anglo-tedesco.

Ma il suo più grande errore politico strategico è stato sollevare la questione dell'egemonia mondiale sottovalutando gli stati Uniti, l'unica potenza che possedeva i mezzi per poterla realizzare. Se Roosevelt ha dovuto ringraziare una "Pearl Harbour" perché il Giappone cadesse in trappola, riguardo alla Germania il caso l'ha favorito offrendogli sull'altare l'uomo della provvidenza che tutto ha fatto per immolarsi inconsapevolmente all'egemonia americana, facendola, per giunta, apparire come un'opera compiuta per il bene del mondo e per un nuovo ordine "pacifico e democratico".

Anzi, più Hitler è diventato sanguinario, perdendo la testa di fronte all'inevitabile sconfitta, prevedibile con l'entrata in guerra degli Stati Uniti, più ha favorito la reintroduzione dell'etica nella politica internazionale, che non solo ha giustificato moralmente ogni aspetto strategico e tattico militare degli Alleati nella seconda guerra mondiale, ma ha giustificato moralmente anche tutte le successive manifestazioni militari dell'egemonia mondiale americana.

Per quel che ne sappiamo non c'è studioso, filosofo o storico il quale si sia accorto che la reintroduzione della morale nella politica (democratica) ci ha riportati indietro di cinque secoli, considerando che il primo a gettare le basi per una scienza della politica affrancata dalla morale fu il Machiavelli. Il paradosso è che la reintroduzione della morale nella politica, oggi, è talmente diffusa e generalizzata da divenire un luogo comune così vincolante che chi lo dimentica non può evitare di passare sotto le forche caudine della democrazia occidentale. Questo luogo comune, che nessuno osa offendere, è il "politically correct", tanto potente da mettere in riga persino i governanti della superpotenza USA, che in genere ne è la maggiore beneficiaria.

L'autore di questo saggio sulla 2° Guerra Mondiale non ha preso in considerazione l'aspetto etico, perciò non ha reso omaggio al "politically correct", ma solo perché la scienza storica può e deve farne a meno. Non ha, però, dimenticato di denunciare la tragica fine di decine di milioni di esseri umani, sacrificati sull'altare delle strategie delle potenze per l'assegnazione dell'egemonia mondiale, sostenendo che, se queste ultime sono assoggettate alla cieca necessità della centralizzazione politica del capitale, i primi sono vittime del caso prodotto da questa inflessibile e inarrestabile necessità.

Solo se torniamo a separare la politica dalla morale, possiamo scoprire le reali responsabilità storiche: così, senza negare il lato sanguinario di Hitler, ma senza negare neppure la mancanza di scrupoli morali degli altri protagonisti della 2° Guerra Mondiale, a cominciare dall'Inghilterra, possiamo comprendere che questa guerra non è stata causata da questo o quell'individuo, bensì ha rappresentato un risultato non voluto delle strategie delle potenze europee, risultato ciecamente necessario della lotta per l'egemonia mondiale.

A coloro che trovassero in ciò motivo di scandalo, potremmo suggerire soltanto di riflettere sul tempo attuale, nel quale le ragioni della politica internazionale continuano a farsi sentire allo stesso modo, ossia come ragioni egemoniche che, mascherate da "ragioni" etiche, non temono di affidarsi, ancora una volta, al sinistro rullare dei tamburi di Guerra*

* Era l'inizio degli anni '90, quando l'invasione del Kwait da parte di Saddam Hussein provocò l'intervento militare americano ("Guerra del Golfo" Agosto 1990 - 28 febbraio 1991).

P.S.  dell'11 Giugno 2017

Ogni guerra sembra incominciare da come la precedente è terminata. La prima guerra mondiale è terminata mettendo in campo una nuova arma: il carro armato e ancor prima qualche manciata di duelli aerei.

La seconda guerra mondiale è iniziata con distese praterie di carri armati, accompagnati da grandi numeri di caccia e bombardieri, ed è terminata con una nuova arma: la bomba atomica, usata, per fortuna, in due  sole occasioni.

La terza guerra mondiale inizierà con distese praterie di lancia missili nucleari?


*Tratto da "2° Guerra mondiale. Risultato non voluto..."


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