Questo è il titolo di uno studio pubblicato su "Le Scienze" di giugno 2013. Già in copertina troviamo i seguenti titoli: "Dossier -La scienza delle previsioni- Dall'economia ai terremoti, dagli uragani alle epidemie, prospettive e limiti delle nostre capacità di prevedere scenari futuri". [Errata corrige: il dossier è intitolato "La scienza delle previsioni", mentre è il primo studio del dossier a essere intitolato "Si può prevedere il futuro?". Nella fretta e nella selva dei titoli e sottotitoli l'autore di questo blog si è un pò perso. Ed è un vero peccato perché così si è perso anche quello che poteva essere un efficace controtitolo ad effetto per questo post e cioè L'impossibile scienza delle previsioni].
A dire il vero, la difficoltà reale consiste nella previsione deterministica di eventi singoli in momenti precisi e determinabili, non tanto la previsione statistica di eventi complessivi in momenti imprecisabili. Chi segue questo blog sa che l'autore attribuisce i singoli eventi alla sfera del caso e gli eventi complessivi (collettivi) alla sfera della necessità: i primi soggetti alla incerta probabilità, i secondi soggetti alla certa frequenza statistica.
Ora, ciò che possiamo trovare in questo dossier di "Le Scienze" è una prima ammissione della differenza tra le previsioni impossibili dei fenomeni singoli e le previsioni possibili dei fenomeni collettivi. Da questa ammissione, naturalmente, non si può certo inferire che gli autori del dossier abbiano concepito o siano sul punto di concepire la dialettica caso-necessità. Ma, come vedremo, i cosiddetti pratici, ossia gli scienziati che si occupano di quei campi ai quali sono richieste risposte scientifiche pratiche, risolutive dei problemi umani, hanno maggiori possibilità di comprendere le leggi della dialettica caso-necessità, rispetto ai teorici puri della matematica o della fisica teorica.
Ora, ciò che possiamo trovare in questo dossier di "Le Scienze" è una prima ammissione della differenza tra le previsioni impossibili dei fenomeni singoli e le previsioni possibili dei fenomeni collettivi. Da questa ammissione, naturalmente, non si può certo inferire che gli autori del dossier abbiano concepito o siano sul punto di concepire la dialettica caso-necessità. Ma, come vedremo, i cosiddetti pratici, ossia gli scienziati che si occupano di quei campi ai quali sono richieste risposte scientifiche pratiche, risolutive dei problemi umani, hanno maggiori possibilità di comprendere le leggi della dialettica caso-necessità, rispetto ai teorici puri della matematica o della fisica teorica.
Per mostrare in che modo questo possa avvenire, ma anche quali ostacoli teorici del passato e del presente continuino a rendere difficile la totale consapevolezza della dialettica caso-necessità, posteremo alcuni contributi critici su questo dossier, cominciando dalla previsione delle malattie. Su "Prevedere le malattie" di Paolo Vineis, possiamo subito osservare che il sottotitolo imposta la questione in modo abbastanza corretto: "Prevedere in modo affidabile l'insorgere di alcune malattie è possibile ma a livello di popolazione, a livello individuale questo non è sempre possibile".
L'osservazione di cui sopra è una tipica induzione empirica che, per chi scrive, rappresenta una conferma del caso relativo ai singoli individui e della conseguente necessità complessiva. Anche all'inizio dell'articolo Vineis ribadisce: "Il problema di fondo dell'epidemiologia, cioè dello studio sistematico delle distribuzioni della malattie e delle loro cause, è che le previsioni sono valide (quando lo sono) soprattutto a livello collettivo, ma difficilmente a livello individuale. Le malattie non rispondono a leggi semplici e deterministiche, ma hanno un ruolo decisivo la suscettibilità individuale e altri fattori aleatori. A livello delle popolazioni, però, la previsione è ragionevolmente affidabile, almeno per fenomeni stabili come le malattie "non comunicabili", tra cui il cancro, su cui si basano molti degli esempi che seguono".
Occorre chiarire subito che la malattia, in se stessa, riguarda strettamente l'individuo e ovviamente la sua "suscettibilità" alla medesima, ma la scienza non è in grado di definire in altro modo la malattia individuale che appellandosi a "fattori aleatori", ovvero imprevedibili. La conclusione da trarre è, quindi, che l'imprevedibilità deriva dal caso. E qui troviamo una prima reticenza sul riconoscimento del ruolo del caso individuale e sul suo rapporto con la necessità collettiva. E' l'ossimoro "fattori aleatori" che conferma la reticenza degli scienziati posti di fronte a evidenze empiriche aleatorie, ossia casuali. Infatti, se fosse un fattore dovrebbe essere sotto la giurisdizione del rapporto deterministico di causa-effetto, se invece è qualcosa di aleatorio, allora appartiene alla sfera del caso, connesso alla necessità solo come opposto dialettico.
Chiunque abbia acquistato "Le Scienze" di questo giugno può partire dal contributo di Paolo Vineis, per comprendere le ragioni oggettive della imprevedibilità di eventi singoli, individuali: imprevedibilità che non dipende dalla inettitudine degli scienziati empirici, ma dalle oggettive manifestazioni naturali. In questo modo potrà anche seguire la critica dell'autore di questo blog, mediante la quale sarà resa ancora più chiara la sua "dialettica caso-necessità" che sta alla base dei processi naturali. (Continua)
Post Scriptum. "Le Scienze" di Giugno e il libro allegato, "LA PARTICELLE ALLA FINE DELL'UNIVERSO" di Sean Carroll, terranno l'autore di questo blog occupato per parecchio tempo, sia perché i temi trattati sono fondamentali, sia perché sarà necessario farne estratti e anche qualche nuovo scritto da postare.
Post post scriptum. Purtroppo, a una prima occhiata, il libro allegato appare una superficiale, quanto ingenua, agiografia, che conclude la storia di una scoperta fittizia. E, quanto alle "nuove frontiere della fisica", il suo autore non sembra il più adatto a garantire un sufficiente approfondimento.
Post post scriptum. Purtroppo, a una prima occhiata, il libro allegato appare una superficiale, quanto ingenua, agiografia, che conclude la storia di una scoperta fittizia. E, quanto alle "nuove frontiere della fisica", il suo autore non sembra il più adatto a garantire un sufficiente approfondimento.
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