In piena globalizzazione, a trionfare era il Truman show, ossia la massa di shopper attratti dai molteplici stili di vita, dai molteplici gusti e dalla iper creatività. Ma l'economia globale è entrata in crisi...
Facciamo un passo indietro: ogni epoca, a partire dalla società del consumismo per arrivare alla società dello spettacolo o del Truman show, ha avuto il problema di creare masse di acquirenti della produzione capitalistica, problema affidato al marketing. Abbiamo già pubblicato diversi post su questo argomento. Se il mondo non resta fermo, anche il capitalismo cambia, ed oggi, che è vecchio e senescente, ha bisogno sempre più del marketing per essere alimentato e curato. Perciò, si pone il problema di individuare nuovi mercati da sfruttare, cercando, soprattutto, i nuovi clienti nelle nuove generazioni.
Facciamo un passo indietro: ogni epoca, a partire dalla società del consumismo per arrivare alla società dello spettacolo o del Truman show, ha avuto il problema di creare masse di acquirenti della produzione capitalistica, problema affidato al marketing. Abbiamo già pubblicato diversi post su questo argomento. Se il mondo non resta fermo, anche il capitalismo cambia, ed oggi, che è vecchio e senescente, ha bisogno sempre più del marketing per essere alimentato e curato. Perciò, si pone il problema di individuare nuovi mercati da sfruttare, cercando, soprattutto, i nuovi clienti nelle nuove generazioni.
Negli ultimi anni, di crisi economica, gli esperti del marketing si stanno rendendo conto, a malincuore, che la nuova tecnologia prodotta, una volta che viene acquistata, non solo raggiunge un suo limite, oltre il quale la produzione comincia a ristagnare divenendo solo produzione di sostituzione (anche se sempre più sofisticata), ma è il consumo stesso del prodotto che crea un pericoloso limite.
In alcuni paragrafi (già postati) del volume sulla "Globalizzazione" eravamo giunti alla conclusione che per mantenere un continuo e crescente shopping, occorreva invogliare di più l'attività dello shopping che quella del consumo del prodotto. Perciò il valore d'uso del prodotto materiale doveva valere molto meno del suo valore simbolico, e quest'ultimo doveva continuare ad evolversi per stimolare uno shopping continuato e crescente.
Ma la recente e innovativa produzione di tecnologie della comunicazione, dai cellulari ai computer ecc., con tutti i loro servizi sempre più nuovi e personalizzati, ha rovesciato la situazione precedente: ora ciò che occupa maggiormente il tempo dell'acquirente non è più lo shopping ma il consumo compulsivo dei prodotti tecnologici acquistati. Infatti, l'hardware, come valore di scambio acquistato, non è più abbandonato come fosse un vestito usa e getta, perché è il suo valore d'uso, il software, che attira e viene consumato a lungo.
E' questa la ragione per cui la cosiddetta nuova generazione di individualisti alla potenza sta diventando un problema. E' il problema economico della riduzione degli acquisti. Ecco perché è iniziata la litania, che prevedibilmente continuerà a lungo, dell'individualismo alla terza potenza.
Naturalmente, la preoccupazione del marketing e degli economisti, sociologi, ecc. è comprensibile, come è comprensibile qualsiasi preoccupazione che abbia come oggetto il timore della fine del capitalismo (non sapendo con che cosa sostituirlo). Ma che una nuova generazione si formi, serrata in un individualismo alla terza potenza, quando il complesso della specie umana ha già superato il numero di 7 miliardi, rappresenta la contraddizione più grave. Resta, però, da vedere se questa me me me generation avrà tempo per radicarsi o non sarà, invece, spazzata via da una crisi profonda.
In alcuni paragrafi (già postati) del volume sulla "Globalizzazione" eravamo giunti alla conclusione che per mantenere un continuo e crescente shopping, occorreva invogliare di più l'attività dello shopping che quella del consumo del prodotto. Perciò il valore d'uso del prodotto materiale doveva valere molto meno del suo valore simbolico, e quest'ultimo doveva continuare ad evolversi per stimolare uno shopping continuato e crescente.
Ma la recente e innovativa produzione di tecnologie della comunicazione, dai cellulari ai computer ecc., con tutti i loro servizi sempre più nuovi e personalizzati, ha rovesciato la situazione precedente: ora ciò che occupa maggiormente il tempo dell'acquirente non è più lo shopping ma il consumo compulsivo dei prodotti tecnologici acquistati. Infatti, l'hardware, come valore di scambio acquistato, non è più abbandonato come fosse un vestito usa e getta, perché è il suo valore d'uso, il software, che attira e viene consumato a lungo.
E' questa la ragione per cui la cosiddetta nuova generazione di individualisti alla potenza sta diventando un problema. E' il problema economico della riduzione degli acquisti. Ecco perché è iniziata la litania, che prevedibilmente continuerà a lungo, dell'individualismo alla terza potenza.
Naturalmente, la preoccupazione del marketing e degli economisti, sociologi, ecc. è comprensibile, come è comprensibile qualsiasi preoccupazione che abbia come oggetto il timore della fine del capitalismo (non sapendo con che cosa sostituirlo). Ma che una nuova generazione si formi, serrata in un individualismo alla terza potenza, quando il complesso della specie umana ha già superato il numero di 7 miliardi, rappresenta la contraddizione più grave. Resta, però, da vedere se questa me me me generation avrà tempo per radicarsi o non sarà, invece, spazzata via da una crisi profonda.
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