(Continuazione) Riguardo ai processi naturali interni, come le malattie, ed esterni, come i terremoti, in ordine di importanza, chi preoccupa di più l'uomo? Molto dipende dalla regione della terra in cui vive e dalle sue abitudini, soprattutto alimentari. Ma, poiché delle seconde la maggioranza degli uomini è inconsapevole per propria ignoranza, mentre dalle prime è impressionata per le conseguenze catastrofiche che i mass media non le risparmiano, potremmo essere tentati di attribuire a queste ultime la principale responsabilità dell'apprensività umana. Ma, se poi consideriamo l'aumento dell'età media della nostra specie e altre cosette come il cibo spazzatura, il consumo di tabacchi, droghe, alcolici, ecc., si può concludere che entrambi i processi naturali esterni e interni presentano equivalenti motivi di timore per l'umanità.
Quindi, non faremo torto alla coerenza se, del dossier che stiamo considerando, pubblicato su "Le Scienze" di questo Giugno 2013, riprendiamo l'articolo di Vineis sulla medicina, rinviando al prossimo post l'articolo di Claudio Chiarabba, dedicato alla previsione dell'evento sismico: argomento quest'ultimo che, comunque, su questo blog abbiamo già trattato in due post: 1) "Tra il "procurato allarme" e il "mancato allarme", la reale imprevedibilità del singolo evento-terremoto", 2) "Caso probabilistico e necessità statistica III".
Quindi, non faremo torto alla coerenza se, del dossier che stiamo considerando, pubblicato su "Le Scienze" di questo Giugno 2013, riprendiamo l'articolo di Vineis sulla medicina, rinviando al prossimo post l'articolo di Claudio Chiarabba, dedicato alla previsione dell'evento sismico: argomento quest'ultimo che, comunque, su questo blog abbiamo già trattato in due post: 1) "Tra il "procurato allarme" e il "mancato allarme", la reale imprevedibilità del singolo evento-terremoto", 2) "Caso probabilistico e necessità statistica III".
La previsione in campo medico è oggetto della epidemiologia, così definita da Vineis "disciplina scientifica che risponde a una curiosità intellettuale, ovvero conoscere le cause delle malattie, ma anche a una finalità pratica, prevenire le malattie. Dato che entro certi limiti è possibile prevedere, allora è anche possibile prevenire". Definire la malattia come effetto di determinate cause e chiamare fattori di rischio abitudini di vita come "fumo, alcolici, mancanza di esercizio fisico e consumo di sale" può, però, portarci fuori strada, soprattutto riguardo alle malattie infettive, genetiche, ecc. La persona umana è un universo sconfinato di organi, tessuti, sistemi fisiologici, e soprattutto di cellule, acidi nucleici e proteine, un universo nel quale non si saprebbe proprio dove porre la determinazione di causa-effetto.
Vineis giustamente sottolinea, come speciale, l'ambito delle malattie infettive contro le quali si sono avuti enormi successi. La ragione di questi successi è semplice: queste malattie dipendono dall'esistenza di agenti patogeni unici per ciascuna infezione, nei confronti dei quali è stato possibile produrre specifici vaccini. Va dunque sottolineato che la medicina è avvantaggiata nella lotta alle malattie epidemiche che hanno come oggetto il complesso degli uomini sui quali l'agente patogeno si comporta senza troppe distinzioni di sorta. Infatti, come scrive l'autore: "Le malattie infettive, con alcune eccezioni, hanno un decorso acuto e in genere prevedibile, da cui una certa popolarità dei pediatri" (sottinteso, per il loro successo nel curare le malattie infettive dei bambini). "Ben diverso è il caso dei tumori o delle malattie cardiovascolari, per le quali il decorso, la risposta alle terapie e l'esito sono largamente aleatori". L'aleatorietà altro non è che il caso. La medicina, qui, deve affrontare il caso per renderlo innocuo.
Limitiamoci al cancro: "il clinico -scrive Vineis- fa abitualmente una previsione basata sugli elementi conoscitivi disponibili, vale a dire, la sede, il tipo istologico, il grado, le dimensioni, l'invasione del linfonodi, le metastasi a distanza. Soprattutto negli stadi avanzati la previsione è purtroppo semplice, e l'esito è infausto, ma in molti altri casi è alquanto incerta, anche per l'estrema variabilità individuale [casuale] nella risposta alla terapia. Si verifica così un fenomeno paradossale: più si pone attenzione ai segni e sintomi precoci, o si praticano campagne di screening, più il medico è in grado di identificare lesioni di confine tra benigno e maligno, e quindi l'incertezza previsionale rispetto ai casi conclamati del passato diventa maggiore". Questa è la difficoltà reale!
Secondo le tesi dell'autore di questo blog, sostenute in tutti i suoi post, in ogni campo della conoscenza umana dei fenomeni e dei processi della natura, compresa quindi la medicina, è il caso relativo ai singoli elementi che impedisce l'applicazione del rapporto deterministico di causa-effetto. Il caso può solo rovesciarsi in necessità complessiva. E questa è la ragione principale della difficoltà e spesso della impossibilità di trovare soluzioni efficaci, necessarie, anche in medicina.
Al termine del suo articolo, sotto "Conclusioni e Prospettive", Vineis scrive: "La previsione in medicina può svolgersi su diversi piani, da quello individuale a quello di popolazione, e da quello dei rischi di malattia a quello della prognosi e della risposta alle terapie. Le incertezze predittive sono largamente dovute alla complessità dei sistemi viventi e alle interazioni tra la storia individuale, la suscettibilità genetica e le molteplici esposizioni ambientali", che sono così varie e numerose -si potrebbe aggiungere- da costituire un vasto serbatoio casuale, dal quale è difficile uscirne fuori anche per il medico più bravo e scrupoloso.
Ci sarebbe da aggiungere, poi, che nel rapporto tra complesso e singolo bisogna tenere presente i diversi livelli. Quando s'indaga un tessuto, questo è il complesso i cui costituenti sono le singole cellule soggette al caso. Ma quando s'indaga la singola cellula, a sua volta, questa è il complesso i cui singoli elementi casuali sono i numerosi costituenti interni. E così, quando si indaga il genoma occorre considerarlo come complesso necessario costituito di singoli acidi nucleici, ecc. casuali.
Concludo esprimendo, una delle poche volte in prima persona, un parere molto positivo nei confronti dell'attività teorica, di ricerca, e pratica dei medici, soprattutto di quelli ospedalieri, che si fanno letteralmente in quattro per trovare rimedi a malattie che molto spesso noi pazienti ci procuriamo da soli con stili di vita nocivi. E, in cambio, loro ricevono diffidenze immeritate che altre categorie di professionisti non ricevono pur essendo abbastanza spesso dei notori bricconi. (Continua)
Vineis giustamente sottolinea, come speciale, l'ambito delle malattie infettive contro le quali si sono avuti enormi successi. La ragione di questi successi è semplice: queste malattie dipendono dall'esistenza di agenti patogeni unici per ciascuna infezione, nei confronti dei quali è stato possibile produrre specifici vaccini. Va dunque sottolineato che la medicina è avvantaggiata nella lotta alle malattie epidemiche che hanno come oggetto il complesso degli uomini sui quali l'agente patogeno si comporta senza troppe distinzioni di sorta. Infatti, come scrive l'autore: "Le malattie infettive, con alcune eccezioni, hanno un decorso acuto e in genere prevedibile, da cui una certa popolarità dei pediatri" (sottinteso, per il loro successo nel curare le malattie infettive dei bambini). "Ben diverso è il caso dei tumori o delle malattie cardiovascolari, per le quali il decorso, la risposta alle terapie e l'esito sono largamente aleatori". L'aleatorietà altro non è che il caso. La medicina, qui, deve affrontare il caso per renderlo innocuo.
Limitiamoci al cancro: "il clinico -scrive Vineis- fa abitualmente una previsione basata sugli elementi conoscitivi disponibili, vale a dire, la sede, il tipo istologico, il grado, le dimensioni, l'invasione del linfonodi, le metastasi a distanza. Soprattutto negli stadi avanzati la previsione è purtroppo semplice, e l'esito è infausto, ma in molti altri casi è alquanto incerta, anche per l'estrema variabilità individuale [casuale] nella risposta alla terapia. Si verifica così un fenomeno paradossale: più si pone attenzione ai segni e sintomi precoci, o si praticano campagne di screening, più il medico è in grado di identificare lesioni di confine tra benigno e maligno, e quindi l'incertezza previsionale rispetto ai casi conclamati del passato diventa maggiore". Questa è la difficoltà reale!
Secondo le tesi dell'autore di questo blog, sostenute in tutti i suoi post, in ogni campo della conoscenza umana dei fenomeni e dei processi della natura, compresa quindi la medicina, è il caso relativo ai singoli elementi che impedisce l'applicazione del rapporto deterministico di causa-effetto. Il caso può solo rovesciarsi in necessità complessiva. E questa è la ragione principale della difficoltà e spesso della impossibilità di trovare soluzioni efficaci, necessarie, anche in medicina.
Al termine del suo articolo, sotto "Conclusioni e Prospettive", Vineis scrive: "La previsione in medicina può svolgersi su diversi piani, da quello individuale a quello di popolazione, e da quello dei rischi di malattia a quello della prognosi e della risposta alle terapie. Le incertezze predittive sono largamente dovute alla complessità dei sistemi viventi e alle interazioni tra la storia individuale, la suscettibilità genetica e le molteplici esposizioni ambientali", che sono così varie e numerose -si potrebbe aggiungere- da costituire un vasto serbatoio casuale, dal quale è difficile uscirne fuori anche per il medico più bravo e scrupoloso.
Ci sarebbe da aggiungere, poi, che nel rapporto tra complesso e singolo bisogna tenere presente i diversi livelli. Quando s'indaga un tessuto, questo è il complesso i cui costituenti sono le singole cellule soggette al caso. Ma quando s'indaga la singola cellula, a sua volta, questa è il complesso i cui singoli elementi casuali sono i numerosi costituenti interni. E così, quando si indaga il genoma occorre considerarlo come complesso necessario costituito di singoli acidi nucleici, ecc. casuali.
Concludo esprimendo, una delle poche volte in prima persona, un parere molto positivo nei confronti dell'attività teorica, di ricerca, e pratica dei medici, soprattutto di quelli ospedalieri, che si fanno letteralmente in quattro per trovare rimedi a malattie che molto spesso noi pazienti ci procuriamo da soli con stili di vita nocivi. E, in cambio, loro ricevono diffidenze immeritate che altre categorie di professionisti non ricevono pur essendo abbastanza spesso dei notori bricconi. (Continua)
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