lunedì 2 dicembre 2019

Come Boniolo privilegia la probabilità

Boniolo considera che cosa avviene dentro la cellula dove "le catene molecolari sono tenute assieme da legami covalenti e che tra le parti della stessa molecola o di molecole diverse si possono instaurare legami non covalenti. Tuttavia un singolo legame non covalente, essendo da 10 a 10^2 volte più debole del legame covalente -specie in una soluzione acquosa come quella che si ha dentro le cellule- è del tutto insufficiente a tenere uniti due siti della stessa molecola o di due molecole diverse. Ad aumentare la difficoltà dell'unione vi è l'agitazione termica che comporta il moto caotico delle molecole", con conseguenti rapidi unioni e distacchi.

Insomma, a livello di singole molecole si porrebbe per Boniolo il problema del calcolo delle probabilità: "probabilità che una molecola di tipo M muti una molecola del tipo arbitrario Mi, probabilità che dipende fortemente dalla concentrazione delle molecole dei due tipi. Una volta fissata tale probabilità, dobbiamo anche fissare qual è la probabilità che vi sia un urto che possa concludersi con un buon esito, ossia con l'instaurazione di un legame. Affinché ciò possa realizzarsi, le due molecole devono avere un'energia cinetica sufficiente per superare le barriere repulsive dei due siti. Tale energia cinetica sarà funzione del grado di agitazione termica, cioè della temperatura T. Sia pT la probabilità che le barriere vengano superate..."

Boniolo poi calcola la probabilità pL che una molecola stabilisca un legame con un'altra molecola

                                    pL = pM/Mi.pT.pA.

Poi, tenendo presente anche l'opera degli enzimi, viene fuori un'altra equazione. Ne segue un formalismo probabilistico che serve a Boniolo per affermare: "Questo semplice modello qualitativo (cfr Ageno, 1986) permette di capire chiaramente che ciò che accade dentro la cellula deve essere affrontato probabilisticamente. E' perciò del tutto fuorviante qualunque tentativo di descrivere in modo deterministico l'interazione fra due molecole, magari catalizzate da enzimi (cioè da altre molecole)". Che sia fuorviante la determinazione necessaria dell'interazione fra due molecole casuali è giusto, ma, a sua volta, il probabilismo a che cosa serve?

Per Boniolo "è "fisiologico" che vi siano errori metabolici. Questo tipo di errori all'interno della cellula non sono qualcosa di anomalo o di patologico in sé, quanto qualcosa di inevitabile e di totalmente compatibile con le leggi della chimica - fisica e della probabilità: "TUTTE LE REAZIONI, ANCHE LE PIU' ENERGETICAMENTE SFAVOREVOLI, HANNO UNA CERTA PROBABILITA' DI REALIZZARSI". Come si vede, egli punta l'attenzione sulla possibilità di realizzazione di singoli eventi, i quali non contano niente nel dispendio generale, per il quale conta solo la frequenza statistica del complesso di eventi.

Perciò la conclusione non coglie la realtà, ovvero non sa interpretarla. Qui la compatibilità non c'entra nulla, c'entra invece la statistica delle frequenze che garantiscono il numero di reazioni vitali per la cellula in questione considerata come complesso. Questa conclusione vale anche per il complesso della "struttura primaria del DNA", e per le modificazioni casuali cui può andare incontro: ad esempio la rottura dei legami prodotta da fluttuazioni termiche con una certa frequenza media, riguardo alla quale l'autore afferma:

"Contro queste modificazioni della struttura primaria del DNA la cellula ha evoluto meccanismi di riparazione (sic!) che consentono di evitarne gli effetti letali sia per l'individuo che ne è oggetto sia per la specie a cui appartiene. Segnatamente, c'è un insieme di una ventina di enzimi il cui compito è proprio quello di ripristinare la sequenza corretta del filamento modificato. Addirittura (!) certe cellule hanno evoluto meccanismi (?!) che sono indotti proprio da grave modifiche accidentali del patrimonio genetico (Walker, 1985). Questo significa che non tutte le migliaia di modificazioni accidentali persistono, trasformandosi così, se sono avvenute dentro le cellule germinali, in mutazioni, cioè modificazioni ereditabili. Si calcola che la probabilità che una modificazione accidentale della struttura primaria del DNA "sfugga alla riparazione e che si trasformi in una mutazione è minore di 10^-3"."

Tutto il brano precedente è zeppo di metafore convenzionali che neppure sfiorano la realtà naturale: tutto appare meccanismo economico, razionale e previdente; di conseguenza, ciò che non va appare un guasto da riparare, così la biologia sarebbe la scienza non della vita ma delle riparazioni per far continuare la vita. Il termine riparazione presuppone, però, una coscienza che le cellule non hanno. Dunque, ciò che ai biologi appare "riparazione" è soltanto una cieca neutralizzazione dispendiosa, comprensibile solo in senso statistico.

Se poi alla struttura primaria del DNA aggiungiamo la fase della duplicazione (trascrizione, ecc.), possiamo immaginare quante altre modificazioni non volute, quanti altri passaggi incontrollabili possano avvenire nei processi della vita. E per ciascuno di questi eventi, i biologi hanno inventato una serie interminabile di meccanismi di ogni tipo: una sfilza interminabile di controlli, correzioni e riparazioni. Sembra di essere immersi in una fabbrica nei suoi svariati reparti: la fabbrica della vita = metafora della moderna produzione umana. E chi guida la fabbrica della vita umana? Il cervello che qualcuno, di recente, ci ha spiegato essere pari al moderno calcolatore (Edelman, "La felicità della ricerca", 2012).

Ma in tutto questo che cosa c'entra il probabilismo? Scrive Boniolo: "Ognuno di questi passaggi è controllato in modo estremamente sofisticato, ma se uno solo di essi è regolato male, e probabilisticamente può accadere tenendo conto degli inevitabili errori metabolici, la proteina non ha la corretta sequenza e quindi il suo funzionamento può essere solo parziale, o nullo o totalmente diverso da quello standard". E tutto questo viene invocato di fronte all'enorme complessità di una cellula! Boniolo avrebbe dovuto notare, invece, gli enormi numeri in gioco, persino nella più piccola e semplice cellula! Grandi numeri che non possono essere affrontati con le probabilità singole, ma devono essere affrontati con le frequenze statistiche complessive, ossia passando dal caso probabilistico alla necessità statistica.

Invece, Boniolo la pensa così: "Si noti che questo non significa affatto abbandonare la causalità, gli eventi biologici che abbiamo considerato sono eventi causali: i raggi UV CAUSANO modificazioni del DNA, l'agitazione termica CAUSA modificazioni del DNA, agenti chimici CAUSANO modificazioni del DNA ecc. Solo che essi devono essere interpretati entro un quadro di CAUSALITA' PROBABILISTICA la cui espressione quantitativa è forzatamente ancorata alle osservazioni cui abbiamo accesso. Tuttavia -si badi bene- QUESTO SIGNIFICA CHE POSSIAMO SEMPRE INCORRERE NELLA FALLACIA DELLA GENERALIZZAZIONE INDEBITA evidenziata precedentemente". Nella conclusione sulla vita, l'autore torna alla nota frase di Monod: "Uscita dall'ambito del caso, essa rientra in quello della necessità, della più inesorabile ideterminazione".

Però non approva questo esito necessitante: secondo lui occorrono almeno 5 aggiunte favorevoli. Tutto "deve essere inserito in un quadro probabilistico. Ne segue che così scompare ogni richiamo alla necessità". Insomma, egli concepisce soltanto le probabilità casuali, non le frequenze statistiche necessarie, come se la vita fosse sempre appesa al filo delle possibilità singole probabilistiche. A questo proposito cita Sewall Wright che 3 anni prima dell'uscita de "Il caso e la necessità" di Monod, aveva affermato: "Il processo darwiniano di continua interazione di un processo casuale con uno selettivo non è qualcosa di intermedio tra il puro caso e il puro determinismo, ma è nelle sue conseguenze completamente diverso da entrambi dal punto qualitativo". In questo modo, però, si rimane nell'incertezza della non conoscenza.

Ed è sulla base di questa incertezza che Boniolo crede di poter correggere Monod: "In conclusione non è molto corretto sostenere che l'evoluzione avviene attraverso il caso e la necessità, sia perché il termine 'caso' è ambiguo data la sua polisemanticità (?!), sia perché non è molto facile capire che cosa significhi il termine 'necessità' (sic!). Sarebbe più corretto (anche biologicamente e non solo filosoficamente) affermare che" -sintetizziamo al massimo per chiarezza- l'evoluzione è guidata da meccanismi probabilistici. Su questi meccanismi di base agiscono la deriva genetica e la selezione. Quest'ultima, a sua volta un meccanismo non necessario ma probabilistico, mentre la deriva sarebbe un altro meccanismo casuale!

Di fronte a questa assoluta incomprensione del rapporto caso-necessità, non rimane che allargare le braccia,  evitando di qualificare con un epiteto la conclusione dell'autore: "Mentre, non sappiamo bene che cosa sia il caso e non sappiamo affatto che cosa sia la necessità, sicuramente sappiamo che cosa voglia dire probabilità": se "ignorantia (del caso e della necessità) non est argomentum", ancora meno può esserlo la pretesa di conoscere qualcosa, come la probabilità, sulla cui interpretazione esistono due scuole completamente opposte e antagoniste (cosa non ignota a Boniolo)!

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