sabato 22 settembre 2018

La scienza dei prodotti della natura e la scienza dei prodotti dell'uomo

La questione è la seguente: la scienza dei prodotti della natura e la scienza dei prodotti dell'uomo hanno qualcosa in comune? In comune hanno che trattano la medesima materia. Ma l'uomo tratta da sempre una materia le cui molteplici forme si trovano già prodotte in natura dai processi naturali (citiamo uno dei tanti esempi rari ed estremi del nostro passato remoto: i resti dei meteoriti, raccolti e utilizzati dagli ominidi).

Da quando la specie umana si è civilizzata e ha raggiunto un livello tecnologico sempre più elevato, la natura ha continuato ad offrirgli le materie prime, ma l'uomo ha messo in campo un apparato tecnologico sempre più avanzato. Perciò avrebbe dovuto già manifestarsi chiaramente che i due modi di operare, quello naturale e quello umano  (tecnologico), si differenziano non solo quantitativamente ma soprattutto qualitativamente.

Di conseguenza, il confronto tra il modo di operare della natura e quello artificiale dell'uomo avrebbe dovuto comportare una nuova consapevolezza: la natura è dispendiosa, perché è il suo unico modo di procedere e perché se lo può permettere. Allo stesso modo anche l'uomo naturale nella sua primitiva esistenza era dispendioso come poteva esserlo qualsiasi altra specie animale. Che cosa ha cambiato le carte in tavola portando l'uomo a passare dai procedimenti naturali a quelli artificiali? La circostanza che i secondi erano più economici. Ma, il paradosso è stato inizialmente che l'uomo ha creduto di averli appresi dalla natura stessa, la quale, invece, è sempre stata sprecona.

A pensarci bene è proprio perché l'uomo si è sentito inferiore alla natura (e per compensare questa inferiorità ha immaginato che essa fosse una creatura divina), che la sua mente è andata fuori strada immaginando che le proprie debolezze derivassero dai suoi rapporti conflittuali con le divinità stesse.

Ma se, per un momento, facciamo un balzo a ritroso, partendo da Galileo, uno dei pochi scienziati sperimentali del secolo diciassettesimo, per arrivare ai milioni di equipe di sperimentatori del ventunesimo secolo, dovrebbe saltare agli occhi di -o, per meglio dire, dovrebbe aprire gli occhi a- tutti i teorici della scienza e della conoscenza la differenza che passa tra il modo di operare dell'uomo e il modo di operare della natura: in altre parole, tra il determinismo tecnologico fondato sul rapporto di causa-effetto e la cieca necessità naturale fondata sul rapporto di caso-necessità.

Un aiuto in tale senso può darlo senz'altro la lettura del blog "Studi e riflessioni di un autodidatta".

4 commenti:

  1. hai avuto modo di leggere i due libri di Carlo Rovelli? In caso affermativo, e sempre se la cosa ti garba, in sintesi che cosa ne pensi ?

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  2. Non ho mai letto libri di questo fisico. E soprattutto Non simpatizzo per la sua teoria a loop. Ammetto la mia ignoranza sul problema e sono anni che non bazzico più la fisica. Quando mi capiterà di andare in biblioteca vedrò di trovare questi due libri. A proposito, tu che cosa ne pensi?

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    1. credo di non avere la preparazione necessaria per esprimere giudizi perentori su questi due libri di divulgazione, i quali però contrastano non poco con la tua critica di base (che in larga parte condivido), perciò m'interessava la tua opinione.

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  3. Per rientrare nella materia mi sto rileggendo i 91 post (paragrafi) di fisica teorica, tra i quali c'è "La teoria delle stringhe: croce dei fisici sperimentali e delizia dei matematici". Ti potrà essere utile per valutare questo Carlo Rovelli, almeno per ora.

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