mercoledì 18 luglio 2018

Il moto relativo e la relatività di Einstein

Non distinguendo tra moto relativo reale e moto relativo fittizio, sembra che la "relatività" sia una proprietà applicabile alla materia, mentre essa è stata soltanto una convenzione, semplicemente una relazione matematica.

Stewart, come tutti i fisici, confonde la "relatività" matematica con una pretesa relatività della cosa da studiare: il moto. Egli infatti scrive: "cosa significa "in movimento"? Va bene dire che il treno si muove e i binari sono fermi, ma rispetto a che cosa? Il moto è un concetto relativo. Noi, ad esempio, non ci accorgiamo che la Terra gira, ma lo deduciamo dalle albe e dai tramonti; in realtà non "sentiamo" in noi la rotazione".*

Il fatto di non sentire qualcosa di reale, il fatto che il senso comune il più delle volte suggerisca apparenze fallaci, e non solo in fisica, non conferma il relativismo fittizio, il "come se". La conoscenza di una cosa o di un evento o processo non deve necessariamente soddisfare il senso comune, deve, invece  soddisfare il rispecchiamento della realtà di questa cosa o avvenimento o processo. Allora, anche se noi non "sentiamo" la rotazione della Terra attorno al Sole, questa è la realtà, "misurata" scegliendo opportunamente, ossia realisticamente, il sistema di riferimento.

Perciò, quando Einstein ha preteso giustificare la relatività del moto con il senso comune del viaggiatore in treno, la cui sensazione è quella che la panchina si muova rispetto al treno, si è messo nei panni di un bambino di cinque anni, e così fanno tutti quelli che citano il suddetto risultato del senso comune. Ma tutta la scienza, fin dai primordi dell'umanità, è stata un continuo tentativo di superare il fittizio senso comune con la realtà della riflessione scientifica.

Allora che cosa dobbiamo pensare di Stewart che scrive: "Quando diciamo che la Terra gira attorno al Sole e non viceversa, in realtà affermiamo una cosa imprecisa, perché entrambe le descrizioni del moto sono valide, a seconda del punto di vista. Se il sistema di riferimento è solidale con il Sole, la Terra si muove e il nostro astro sta fermo; ma se il sistema è solidale con la Terra, come nel caso dei suoi abitanti, vale esattamente l'opposto"? Dobbiamo pensare che, sostenendo valida la relatività di Einstein della scelta del sistema di riferimento, egli rimane invischiato nel fittizio convenzionalismo matematico.

Del resto, questo relativismo matematico cosmologico è sorto nella mente di Einstein proprio per cancellare la gravitazione. E non importa che in seguito egli l'abbia dovuta riconsiderare. Ciò che i fisici (ossequiosi nei confronti del "genio" di Einstein) non si sono mai resi conto è che, se si lascia libera la scelta del sistema di riferimento, in questo modo si cancella la gravità. Il fatto che la Terra ruoti intorno al Sole non è una faccenda di sistemi di riferimento, è una faccenda di gravitazione: Il Sole può anche ruotare con moto relativo fittizio attorno alla Terra, ma è la Terra che deve ruotare necessariamente attorno al Sole per reale attrazione gravitazionale.

La conclusione di Stewart è, invece, meschina e scientificamente falsa, riflettendo l'insipido modo di pensare dei matematici fisici contemporanei: "Ma in effetti c'è un motivo, e anche profondo, per cui "la Terra gira attorno al Sole" è meglio di "il Sole gira attorno alla Terra": la descrizione matematica del moto dei pianeti è assai più semplice nel primo caso che nel secondo. Qui la bellezza è più significativa della pura verità: ci sono molti punti di vista sotto i quali osservare la natura, ma alcuni ci offrono più opportunità di altri".

Insomma, la profondità del pensiero matematico, nella versione di Stewart, si manifesterebbe 1) nell'evitare completamente il mistero della gravitazione (dando più soddisfazione a Simplicio che a Galileo), 2) nell'attribuire più significato alla bellezza (matematica) che alla "pura verità", 3) infine, nell'offrire alla scienza fisica l'opportunismo matematico più sfrenato.

Ma il paradosso dell'incoerenza nella quale cade l'autore è che egli coglie la vera essenza della "relatività generale", anche se lo fa con troppa nonchalance: "E' davvero paradossale che una teoria del genere sia chiamata "relatività". Einstein voleva battezzarla Invariantentheorie, cioè l'esatto opposto. Ma il nome più comune cominciò a circolare, e poi c'era già una branca della matematica chiamata teoria degli invarianti, il che avrebbe potuto creare confusione". Certo, ma mai quanto parlare di relatività per una teoria che predice l'assoluto.

Dunque non è un paradosso il fatto che Eddington "rivelasse" a chi scrive la scoperta che la relatività generale era in realtà un assoluto, e che ora Stewart "riveli", sempre a chi scrive, la ragione per la quale Edington si ritenesse l'unico ad aver compreso la relatività generale!


*  Tratto da un suo libro dal quale ho preso qualche estratto, ma ho  perduto il titolo.

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